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Un ulteriore omaggio a Guido Gozzano dobbiamo a Wilma Minotti Cerini, che in
brevi pagine, ma cogliendo sapientemente lo spirito dell’opera poetica, ne
traccia le linee essenziali. L’intenso saggio dell’autrice è infatti impegnato a chiarire a lei
stessa e ai lettori l’autentico messaggio gozzaniano, identificato fra le
tematiche più care al poeta e nei sensi nostalgici della sua ironia. Così
viene sottolineato con insistenza come la poesia del torinese acquisti il tono
ironico soprattutto quando Gozzano si confronta con la propria malattia. La
Minotti Cerini descrive all’inizio l’ambiente familiare in cui il poeta
visse: quarto di cinque figli, “piemontese per carattere e affetto”: un
ambiente “colto e artistico” aperto a conversazioni profonde.
Peraltro Gozzano non brilla nella regolarità degli studi, sicché a stento
riesce a conseguire la licenza liceale; iscrittosi quindi all’Università
(facoltà di giurisprudenza), non riuscirà a laurearsi. Chiaramente la sua intelligenza di letterato e la sua finezza di studioso
riluttavano a farsi incanalare nella formalità degli schemi.
Da giovane benestante e curioso di esperienze, il poeta fu attratto anche in
forme dissipate dal gentil sesso; si innamorò di più d’una donna, anche
coltivando in campo sentimentale amori nutriti di amicizia e di stima. Nonostante la malattia che lo porterà presto alla morte per tisi, il poeta,
da figlio di una borghesia larga di idee e di mezzi, amò lo sport, praticò il
pattinaggio e il nuoto; in particolare si dilettava di passeggiare in
bicicletta.
Queste note biografiche (cui va aggiunta la passione per i viaggi) fanno
tutt’uno con la poesia “crepuscolare” delle sue pagine e ne rivelano la
fonte ordinaria. Nei suoi trentasette anni di vita, Gozzano scrisse un centinaio di liriche e
tre poemi di cui il bellissimo “Le farfalle” restò incompiuto.
Particolarmente significative nel saggio della Minotti appaiono le lettere da
lui indirizzate ad amici, amiche e personaggi conosciuti.
In termini di indagine critica, l’autrice non manca di richiamare
l’originalità del percorso culturale e letterario del poeta, non solo
distinto dagli altri crepuscolari (di cui è considerato il caposcuola), ma
nutrito di qualità polemiche, pur temperate dall’abituale ironia. Da ultimo, l’insorgere di autentiche riflessioni etiche, porterà Gozzano a
riconoscere e infine abbracciare convinzioni religiose, non ostentate, ma fatte
oggetto di delicata espressione nei versi. Il testo della Minotti sottolinea “la capacità” in Gozzano “di
ritrarre caratteri ed aspetti delle maschere della propria commedia”, nonché
di testimoniare “l’amore per la natura”.
Scorrendo le pagine della Minotti Cerini ritroviamo l’uomo Gozzano amante e
insieme negligente dissipatore dei doni dell’esistenza, ma che trova nella
poesia – sotto apparenze di scetticismo – “la medicina spirituale” e la
strada per una finale interpretazione del senso ultimo dell’esistenza. Senza
dubbio fu la malattia il veicolo, sempre più consapevole, della sua conversione
senza rinnegamenti. Gozzano afferma l’autrice, non sarebbe stato quel poeta se fosse stato
sano, se non si fosse sentito premere dalla morte. Nasce da questa accettazione del proprio destino l’attualità vera del suo
messaggio.
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Recensione |
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