“Emozioni clandestine” definisce l’autore le raccolte di tanti poeti
minori che pubblicano versi “incuranti del vento contrario”. Fra questi egli
scrive con semplicità il proprio nome: ed è un atto subito convincente, che
suscita rispetto e solidarietà.
Nello scorrere poi le pagine di questa silloge volutamente sobria, si
scoprono non pochi spunti e risultati che vanno oltre la sincerità. A colpire
sono in primo luogo le brevi pennellate di paesaggio, pronte a trasferirsi in
fermagli di pensieri. “Forse non è bello il giorno. | Certo è bella la
sera”, “la luna | si finge cieca | se il mare è cupo”, “nell’ora
della luna | silenziosi e soli | vagano pensieri”.
Da aperture di questo genere (puntuali e immediate) nascono con naturalezza
brevi quadri di riflessioni interiori, di sentimenti non forzati, di memorie
capaci di depositarsi nel sentimento.
“Muta è la voce. | Le parole antiche”. In tal modo il poeta – non così
inutilmente come egli scrive nella postfazione – raccomanda alla riflessione
del lettore una serie di emozioni personali, di cui ciascuno è invitato ad
appropriarsi in nome della poesia, nella quale “persiste bisogno di sogni”.
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