Il titolo della raccolta fa
immediatamente intuire che la nuova fatica poetica dell’autore si ispira al mare
nella sua totale bellezza e diversità da ogni altro elemento. Ma nel suo
sentimento di veneziano, Pastega non si limita ad esaltarne la libertà e
l’armonia, ma cala nel tema quella speciale familiarità che si produce in chi
fin dall’infanzia ha avuto col mare e con la laguna un rapporto che abbraccia
tutta la vita. Esso induce a ripassarlo in continui riscontri personali, come
pensieri e sensazioni incancellabili. Il poeta, osservando giorno per giorno
l’immensa distesa, è cresciuto in quella presenza continua, che dalle rive
dell’Adriatico si propone alla sua sensibilità. Così “I miei occhi nel mare”
riassumono in liquide metamorfosi gli stati d’animo, per tradurli e tradurre la
vita stessa in poesia.
Esemplifichiamo l’abbondanza
delle riflessioni, che nascono senza tregua nel testo, ispirate dai flutti e
dalle tempeste come dalla sconfinata immobilità delle acque.
Ma non è certo il mare a
dipendere dalla condizione umana, che esso assume come minima variabile della
sua essenza, specchio misterioso della natura.
Dal ricco volume basterà
citare in merito questi soli versi, fra i più belli e sentiti della raccolta:
“Quando la nostra storia | sarà finita, Dio, | cosa farai del mare? | Lo
lascerai morire | come noi lentamente | o lo getterai come | una polvere verde |
nello spazio assurdo | ad errare per sempre?”
L’interrogativo è destinato a
restare senza risposta perché né la scienza né l’arte hanno modo di definirne il
valore. Resta vivo l’omaggio che nelle folte pagine (ben 150!) l’ autore
veneziano dedica alla grandezza oceanica, come “unico specchio per vedermi | per
vedere al di là della notte”.
|