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Dopo la pubblicazione “Oltre gli antichi simboli”, il vicentino Antonio
Capuzzo esce con questa seconda raccolta di poesie. L’autore, come si evince
dal titolo, colloca i suoi versi proprio nel paese di Monteviale, fra i castelli
medievali di Giulietta e Romeo, e lo sfondo del Santuario di Monte Berico.
L’impegno dell’autore è duplice: percorrere di questo “paese
dell’anima” i luoghi, gli angoli, le prospettive – spesso denotati nei
relativi toponimi – e insieme coglierne l’eco naturale e spirituale che ogni
aspetto assume in testimonianza di una visione e di un sentimento che ne supera
la particolarità. Sono questi i caratteri che l’autore chiama “i segni |
dell’anima, i linguaggi del cuore | gli strani colori incantati | dei luoghi
della memoria”.
Capuzzo, osservando le colline, prova emozioni indicibili, dolci incanti e vi
vede riflesso l’immenso amore che Dio ha per l’uomo. Ogni verso assume
speciale musicalità nella varia descrizione del paesaggio collinare,
incastonato fra una valle e il cielo. L’autore si tuffa nei ricordi e li
colora alla luce del sentimento, ricomponendo i frammenti e specchiandovi il
proprio spirito.
Il poemetto è opportunamente suddiviso in quattro parti ben distinte dai
titoli: “Scorci”, “Paesaggio”, “Morte come stupore”, “Tracce di
parole”. “Ad ogni svolta di questo paese,... | cambiano gli scorci”.
“...davanti al paesaggio | è un’altra cosa. Lo vedo”. “Morirò forse
senza nemmeno | accorgermene”. “Ogni parola | è un mondo, un microcosmo, |
racchiude l’infinito”.
Chiaramente, per Antonio Capuzzo, la poesia vale in primo luogo come dedica
di riconoscenza, che non è mai sufficiente ad esaurire il debito concepito
nell’anima dal suo vivere in dono gratuito tante ordinarie meraviglie.
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Recensione |
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