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Basta leggere i primi versi di questo poema in ventiquattro strofe (spesso
congiunte dalla e), per rendersi conto subito che siamo lontani dalle vie
solitamente battute dalla poesia italiana degli ultimi decenni (tranne poche
eccezioni). La terra euganea è sì presente con la sua realtà di colli,
boschi, colori, luci; vi sono anche riferimenti precisi a luoghi, come Villa dei
Vescovi e l’Abbazia di Praglia, o a memorie, come quelle foscoliane
dell’Ortis; ma questa realtà è allusa, evocata, trasfigurata piuttosto che
rappresentata in maniera descrittiva o impressionistica. Anche la realtà
fisica, la natura è fortemente interiorizzata, spiritualizzata e interpretata
sempre simbolicamente.
Essa è animata da uno slancio vitale di origine ed
essenza divina: “Questi colli di casa mia | acuti pensieri di luce o | tonde
pause di pace... || Sono energia | di essenze e di colori | che esplode sempre
nuova … || Sono rovente forza | accesa dai primordi | anima di un dio | che
ora là riposa...” (II strofa: Energia dei colli). In ogni strofa si avverte
un richiamo a “radici di cielo”, una presenza numinosa, che tutto trasforma
in luce, in ali, con un incessante moto ascensionale, che investe gioiosamente
anche la poesia: “con ali lievi di parole a | lenire il comune mistero | e
letizia sarà svelarlo insieme”. La forza, di essenza luminosa, che è dentro
[parola chiave] la natura a muovere il creato, è anche dentro l’uomo, dove si
dipana un “divino segreto di luce”, la stessa cosa del filo d’amore “che
regge tutto il peso dell’esistere”.
È il leit-motiv di tutto il poema,
variato in tanti modi, con espressioni sempre leggere, nuove e felici.
L’autrice ha una concezione chiaramente spiritualistica e orfica della poesia.
Orfeo celebra in questo libro un suo ritorno alla grande nel Parnaso italiano.
In esso c’è tutto il ricco, multiforme corredo del mito orfico, la discesa
nelle tenebre della notte e il ritorno alla luce, la funzione magica,
incantatoria e profetica della poesia (la cui parola vince il tempo), la
vocazione sacra, “sacerdotale” del poeta, l’identificazione di poesia e
musica, il legame tra poesia e mistero, la mediazione col canto tra regno dei
vivi e quello dei morti, tra il mondo fisico e lo spirito, tra il visibile e
l’invisibile, tra l’uomo e il cosmo. Questi ed altri elementi dell’orfismo
sono presenti nel libro della Daniele Toffanin, che ne diventa, così, quasi una
piccola summa poetica. Il mitico cantore greco non viene mai nominato, ma un suo
inequivocabile ritratto suggella significativamente il poema: “... Voce dal
dio ispirata | che canta con soave cetra | quest’avventura unica | inventata
da un alito d’amore...”.
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Recensione |
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