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Con l'ultima fatica letteraria dal titolo L'isola del
nulla, Maurizio Zanon, poeta
veneziano, ha raggiunto una maturità poetica che lo porta ad essere una "voce
denuncia" dei mali della società odierna. Nella civiltà della globalizzazione che fa arricchire i ricchi e impoverire i
poveri, della comunicazione ad alta tecnologia, l'uomo non trova più spazio e
viene sostituito terribilmente dal materiale ovvero dal denaro, dal successo,
dal potere. Abbacinati, come siamo dal materiale, l'uomo è stato posto alla stessa
stregua delle cose che si mercificano, che hanno un mercato, e sembra più che
mai odierno il motto filosofico "homo, hominus lupus est".
Ecco allora che l'autore vede il mondo pieno di "anime disorientate, cuori
spezzati | alla ricerca di luce ". (vedi la poesia Tracce adulte di
malinconia), e da ciò nasce il desiderio di quelle parole che non si dicono
più, di quegli sguardi e di quei sorrisi che ci mancano nella nostra vita:
"Quanto vorrei ascoltare | la parola mai detta! | Assopiti e rintanati | dentro
l'urbana solitudine, | viviamo un lungo letargo | nella cosiddetta | civiltà
della comunicazione | non riusciamo più a guardarci | negli occhi; abbiamo poco
tempo | e troppa distrazione | per ascoltare il respiro della luna!"
La società odierna, invece di porre la tecnologia al servizio dell'umanità
spesso la usa contro e la stessa "conquista" della luna sembra al nostro poeta,
un atto di sacrilegio, al suo mistero, al suo fascino e alb sua bellezza: "Da
quando orma d'essere umano | ti calpestò, tu non sei più | il luogo del Mistero
| ma io ti guardo | con la stessa intensità di sempre | o luna, | non è mutato |
il sentimento mio per te, | quando i miei occhi quaggiù ti parlano | e mai ti
fanno sentire sola."
In questa società la speranza, l'amore, la gioia, sembrano siano stati
sostituiti dalla malinconia, dalla delusione, dalla solitudine, e ciò ci porta
ad essere "timonieri di noi stessi " (Timoniere di me stesso? Sempre!" vedi
poesia "Varco i mari della solitudine", e lo stesso tempo sembra lasciarci in
balia delle onde, del "Fato": "tempo che te ne vai, | così irrequieto, così
veloce, | rimani per un istante qui | con me! Resta a scrutare | il fiore
risplendente del sole; | non te ne andare se puoi, se il tuo sentire non è |
solo la fretta di vederlo appassire!" (v. poesia Tempo che te ne vai).
Ci viene da chiedere spontaneamente verso quale futuro andiamo? Quanto potrà
resistere un mondo senza fondamenta? Il poeta a tal proposito scrive: "Dai il
tempo al tempo | Prova a incatenarti in celle d'amore, | fatti schiavo di questo
impareggiabile fiore | che è la vita. Il futuro? In una barca di vento! Non
capiremo. Niente strisce di schiuma, | ma un amore con poche creste di spuma." Non è freddezza, non è pessimismo funesto, ma coscienza di un mondo che
rischia di rivoltarsi contro noi stessi, e consapevolezza di non sapere verso
dove ti porta questa barca, ma io direi meglio questo barcone!
"Io non so dove | in quale luogo e per sempre, | approderà la mia barca: |
forse, all'isola del Nulla, | in silenzi dorati, | ove vi sarà il grande
incontro | Ognuno, col suo debito di dolore, | leverà l'anima al cielo e dico
forse | ancora, perché non lo so esattamente | Con volo disteso di condor
entreremo/ nel bianco firmamento dell'Eterno. Ma ti prego: | non chiedermi quale
sarà il pedaggio!" Zanon, riesce in questa sua raccolta a cogliere molti aspetti di una società
che ha bisogno di rimettersi sulla strada, quella dei valori, degli ideali,
dell'Amore e della Solidarietà, altrimenti è giunta l'ora dell'estrema unzione.
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Recensione |
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