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Sono ben cinque gli studiosi e
traduttori che hanno lavorato intorno a “La terra del tempo”, importante e
corposa silloge dell’attività poetica di Luigi Fontanella, uscita in Italia nel
2000 ed ora riproposta da Chelsea Editions, con traduzione inglese a fronte, col
titolo di “Land of time. Selected poems 1972-2003”. Fra loro – Emanuel di
Pasquale, W. S. Di Piero, Carol Lettieri, Irene Marchegiani e Michael Palma –
gli ultimi due meritano una menzione particolare, la Marchegiani in quanto
moglie e prima (appassionata) sostenitrice di Fontanella, nonché curatrice del
presente volume, Palma per aver confermato ancora una volta quella sapienza di
scelta e di manipolazione linguistica già dimostrata in prove precedenti, e che
anche qui, palesando una rara quanto raffinata capacità ri-creativa, ha saputo
riprodurre non soltanto i significati e l’atmosfera delle liriche originali, ma,
in più d’un’occasione, molti dei loro stessi effetti ritmici e sonori.
Significati, temi, atmosfere e
tessiture fonico-ritmiche che sono ben noti a chiunque abbia finora seguito il
percorso creativo e intellettuale di Fontanella – giunto, ad oggi, a una dozzina
di libri di poesia, due di fiction e svariate pubblicazioni di saggistica –, ma
che molti, probabilmente, ancora ignorano, soprattutto in considerazione del
fatto che questo autore, salernitano d’origine (classe 1943), da ben trent’anni
risiede in America, dove insegna Lingua e Letteratura Italiana alla State
University of New York, dirige la rivista “Gradiva” e presiede la prestigiosa
Italian Poetry Society of America, da lui fondata nel ’96. “Arrivai nell’agosto
del 1976 all’Università di Princeton” – ha dichiarato recentemente l’autore al
Messaggero di sant’Antonio - edizione per l’estero – “con
l’obiettivo di studiare a fondo la presenza del fantastico nella letteratura e
nell’arte americana del secondo dopoguerra, ma in poco tempo passai da Marcel
Duchamp, Max Ernst e David Hare, alle battaglie per la diffusione e la migliore
conoscenza della poesia italiana. Come letterato e scrittore, ne ho fatto la
ragione della mia vita umana e professionale”. Parole che trasmettono con
immediatezza tanto l’energia umana quanto l’alto profilo culturale di questo
studioso, nel cui lavoro il critico Maurizio Cucchi ha ben potuto riconoscere
come “l’inquietudine” serva a stimolare una indefessa “avventura
dell’intelligenza, in un’opera sorvegliata dal senso dell’ironia e aperta
disposizione vitale all’esistere”.
Ci auguriamo che la presente
antologia serva, dunque, ad ampliare – così oltreoceano come da noi – la
conoscenza di un poeta originale e colto, capace di orchestrare pezzi d’ampio
respiro (al limite del poemetto in prosa) e di alternarli a liriche più esili,
anche brevissime, esibendo una ricca varietà di forme e registri, combinando
descrizioni minimaliste con lapidarie riflessioni d’impronta apoftegmatica,
modulando sulla pagina un piano linguaggio colloquiale oppure frantumando i
versi e la sintassi tramite enjambement insistiti, parallelismi e
giustapposizioni. Una poesia “nomade” in cui hanno un ruolo preponderante – per
dirla con Pontiggia e De Angelis – il viaggio ed il ricordo, grazie ai quali
Fontanella cerca di congiungere da un punto di vista tanto geografico quanto
cronologico il presente al passato, l’America all’Italia, la famiglia attuale
con quella dei padri, nel costante, commosso tentativo di rendere possibile –
con “il cuore diviso fra l’appena passato | e un futuro presente solo nella
mente” – l’ossimoro vivente che noi tutti siamo.
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Recensione |
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