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Il Gaddi

"La crema. Prenda la crema."

È il gelato di crema che si deve assaggiare, non altro. È dalla crema – Luigi Gaddi mi confida avviluppato dal suo profumo di biscotti – che si sa come è il pasticcere e come è il gelato. Ed è proprio vero, come pure (aggiungo io) lo si sa dal sorbetto di limone. Ma qui è senz'altro la crema perché siamo tra le montagne e non in un agrumeto siciliano. Per l'esattezza qui è San Fedele d'Intelvi (Como), nella valle che sale e collega i lidi di Argegno e di Porlezza, tra Lario e Ceresio. Quest'anno ha compiuto ottantatre anni "il Gaddi", come diciamo in Lombardia. Asciutto, scattante, con occhi chiari dallo sguardo buono e cordiale. Ama chiacchierare e raccontare la sua vita, piuttosto avventurosa per un mastro pasticciere che l'ha passata "in dì furni" , cioè nei forni e fornelli del suo laboratorio, una grande cucina con annessi. Le figlie non le vuole nella sua fucina: "ma pòrtan rogna..." – mi dice – perché quando scendono mi distraggono e poi brucio le torte. Così, tra una ragione e l'altra si tiene strette le sue ricette e i suoi segreti (in testa il gelato di crema) ragione per cui il mondo potrebbe un giorno ritrovarsene... senza.

Il mastro pasticcere Luigi Gaddi e il poeta e jazzista Duccio Castelli.

"Io guarderei sempre avanti – dice – mi viene di fare progetti per i prossimi vent'anni – ma po' dì nò – non posso...". "Ma si riposi!..." – cerco di allettarlo – ma lui ribatte "Sà dèvi fà cus'è? Stà chi inscì, setà giò a ciapà al zùl? " e poi conclude molto serio: "Non sopravviverei neanche una settimana. Mio padre mi diceva: de giùven sa po murì, ma de vècc al scampa nisùn!" Suo padre aveva aperto questa attività nel 1929, quando Luigino aveva tre anni, e lo si vede davanti a tutti in una foto ambrata dell'epoca, coi pantaloni corti. Poi a diciotto anni "a fà la guèra..." A Salò. La famosa Repubblica di Salò! "Sì, ma chiamato alle armi dallo stato: tre giorni per presentarmi. Poi a fare le guardie nel nord un po' dappertutto. Ma ha sparato? Sì.

Poi a San Fedele mancava lavoro e allora lui andò a Milano. Si arrangia ed apre un negozio vicino all'arco della pace. Ci vanno i personaggi della Rai che gli aprono anche la saracinesca alla mattina, contro – credo – un paio dei suoi fantastici bignè.. "Erano anni duri, radio mica tv". Si era fatto prestare la Balilla da uno zio, e la usava a Milano. La canzone della Balilla crede che "quelli dalla Rai" l'abbiano fatta ispirandosi alla sua..., che parcheggiava davanti alla Rai. "Na matìna vù giò e la và no. Dèrvi el còfen e m'avevan fregà el muturìn de l'aviamènt! .. Peu n'altra matìna ammò, vù giò e... la va minga. Dèrvi e m'avèvan purtà via la baterìa... N'altra volta vu vèrs la machina... e al vegn feura un barbùn ch'al durmiva denter!.. "

Quindi tornò a San Fedele, da dove non si mosse più.

Vive tra i biscotti, le figlie e sette nipotini. Mia nipotina Giulia sta mangiando il suo gelato. È la sesta generazione della mia famiglia che mangia il gelato "del Gaddi". Suona la fisarmonica, ma per conto suo, di notte, nei forni.

© Foto di Daisy Castelli - 2009


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