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Conversazione di Stefano Valentini
con Maria Luisa Daniele Toffanin autrice de
“La stanza alta dell'attesa, tra mito e storia”
in collaborazione con
Bruna Barbieri
Palpitavano emozioni nella
piccola sala della Biblioteca di Abano Terme, nel pomeriggio di
Lunedì 10 ottobre
2022: il piacere di ritrovarsi finalmente insieme dopo più di 2 anni di pandemia
e, sotteso, un senso di paura, di ansia a causa di questa presenza sempre
ovunque, sotto mentite spoglie del covid. Noi cerchiamo di muoverci in punta dei
piedi: alcuni con mascherina, tutti a distanza, in questo primo pomeriggio
ritrovato. Pomeriggio di poesia, storia, buoni sentimenti da riscoprire, in un
clima di attesa di qualcosa di bello che ci sarebbe stato offerto e condiviso
dall’autrice. Tanto era l’entusiasmo che dimentichiamo di lasciare la parola al
direttore Ronzoni, gentile organizzatore del tutto, anche dell’ammirata
locandina.
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Maria Luisa, l’autrice de “La
stanza alta dell’attesa tra mito e storia”, prende subito la parola ringraziando
i presenti tra cui Luisa di San Bonifacio
Scimemi , autrice di Note Sparse
introduttive, Daniela Babolin, amica e lettrice,
Bruna Barbieri con l’amica
Luciana Mancini, Franca, collega di Massimo, con la giovane figlia,
Lorenzo
Mazzetto, venuto da Monselice, caro amico sin dai banchi di scuola, la Rossetto,
un’altra scolara, Rosella Ponchio,
Bruno Trevellin, Lucia e
Franco Gaddo, Grazia
e Pierangelo Codebue… e altri.
Stefano Valentini, percorre con
la solita partecipazione il libro, evidenziandone la struttura, il linguaggio
originale, colto, intenso, il suo essere storia di una famiglia nella storia
della città. Ne esamina il titolo stesso, la stanza, come luogo degli
affetti approfondendo il valore del mito dell’infanzia e della storia del
periodo bellico e post bellico, sempre con citazioni tratte dalle pagine da lui
sfogliate. L’autrice sottolinea che in particolare il suo libro parla di via
Gabelli e di alcuni personaggi lì residenti, in particolare lasciando spazio a
Maria e Giannina Facco, simbolo dell’amicizia, tema ben evidenziato nelle
successive annotazioni da Valentini insieme all’altro, l’attesa, che
percorre tutto il testo. Per questo l’autrice dà lettura alla poesia “Non
dirò dell’attesa di Pippo…” che annuncia alla fine l’attesa del padre
internato militare, poi si sofferma sulla prima pagina, racconto della sua
nascita, pagina che riprende il filo rosso dell’amicizia personificata da
Jolanda, grande amica del cuore materno, vestale delle nascite in questa
famiglia.
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Valentini, ascoltando la lettura
alternata di prose e poesie, già annuncia il significato di prosimetro leggendo
le note critiche di Nazario Pardini. Inoltre sottolinea che molti sono i
personaggi che qui si incontrano e agiscono nella vicenda, molti gli incontri
umani già annunciati in “Via Gabelli” letta da Daniela dove appaiono figure
femminili di donne semplici ma con la vocazione alla bellezza della musica,
della pittura, della scrittura, bellezza che è portamento dell’anima.
Aggiunge quindi l’autrice che lei si è formata in un ambiente pullulante della
poesia di Giannina che vedeva gli occhi di suo padre azzurri come i primi fiori
del rosmarino, di Jolanda che scriveva in veneziano e, in particolare, di Giulio
Alessi che abitava nella terrazza vicina, perché il comune denominatore di tutti
questi luoghi di via Gabelli sono le terrazze sui tetti della fabbrica di
Sordina, uno dei luoghi da lei più vissuto. In una di queste terrazze si
svolgerà anche il rinfresco del matrimonio dei suoi genitori, rievocato e letto
nella poesia “Nozze di guerra”, quasi una stampa dello stile di vita dell’epoca,
di cui ricorda con devozione gli insegnamenti ricevuti. In particolare rammenta
l’assenza, in quel momento felice, del nonno onorevole Sebastiano Schiavon,
morto a 38 anni, figura di politico e sindacalista significativa nel primo
Novecento italiano.
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Valentini sottolinea che tutti
questi dati relativi ai rapporti della famiglia e al vivere della città di
Padova, risentono certamente del carteggio fra il padre e la madre raccolto da
Massimo e dalla stessa autrice ne “La grande storia in minute lettere”, nelle
cui epistole si avvertiva già quel senso di appartenenza ora così sentito in
questa Padova della rinascita. Ed era così forte questo sentimento che sono
palpabili l’amicizia, la solidarietà, proprio l’essere insieme anche nella
lirica “L’amicizia scorreva per le antiche strade” interpretata con empatia da
Daniela. Così si ritorna, l’autrice e il critico, per le strade di Padova come
via Cesare Battisti, Corte Ca Lando, via Rinaldi con gli indimenticabili giochi
nel giardino magico di Jolanda e Orazio in cui il gioco con i gemelli Ione e
Giuliano era libertà, invenzione, felicità, ignaro del dopo. Daniela legge una
poesia a lei cara, “Luoghi”, che riporta l’autrice subito di rimando alla sua
terrazza di via Gabelli, vaso comunicante con le altre terrazze, luogo dove le
care presenze della madre, della nonna e della prozia si riunivano a rammendare,
cucire o fare il bagno alla piccola. E della madre l’autrice, in questa prosa,
evidenzia la capacità di vestire di niente anche gli abiti più modesti,
scampoli di Colombo del ghetto, creati poi nell’atelier di via Battisti dalla
Momoli. Qui appare ancora una volta il modo di vivere della città in quel
momento in cui si percepisce la comune volontà di risorgere tutti uniti anche
nelle piccole cose, una volta usciti dalla drammatica esperienza della guerra. E
così, nell’alternarsi di altre letture tra l’autrice e Daniela, emerge sempre
più un vissuto aperto alle scoperte, alla cultura, nel dialogo tra adulti e
bambini, quasi vivo ancora tra noi, un vissuto pronto alle rinunce, proiettato
ad altre attese, sicuro però nei punti di riferimento: la famiglia, l’amicizia,
la parrocchia, via Gabelli. E in questo si snoda tutta la Storia di un’epoca in
cui si svolge la vicenda di una famiglia in via Gabelli nello sfondo di Padova.
Arrivati alla conclusione, Valentini rende prezioso il momento con la lettura di
“Fragile Bellezza” da lui molto amata evidenziando nei versi questa vocazione
alla bellezza allora così avvertita in tutta l’opera ma sintetizzata in questa
lirica:
Ora la bellezza esalata dalla
mia Padova / si è impressa in me come interiore vocazione / pur con tutta la sua
fragilità / - bolla di vetro soffiata a Murano - / nell’umana litania dei
giorni.
Valentini inoltre evidenzia che
questo patrimonio di vissuto mitico e storico viene lasciato dall’autrice come
eredità, con tutte le sue briciole di umanità, al figlio e ai nipoti proprio per
salvare la nostra stessa umanità. Un riferimento particolare alle belle note
sparse di Luisa Scimemi di San Bonifacio e un saluto affettuoso a tutti con
l’intervento gradito di una giovane presente che sottolinea che molti giovani
stanno ritornando per libera scelta ai valori cantati in questo libro. Anche
Bruna, che verbalizza tutto, ritrova che questi sentimenti di disponibilità, di
appartenenza, di comunione con gli altri, qui esaltati, sono ancora vivi nei
rapporti tra lei e l’autrice. E sottolinea che le persone citate sembrano
muoversi vive tra noi in un racconto che diviene qui “teatro”.
Così si conclude in un clima di
amicizia e di vita ritrovata questo primo incontro dopo il nostro internamento.
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