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L’Antologia “Raccontare Campiglia”.
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Il manifesto. |
La copertina |
L’Ente di Valorizzazione di Campiglia Marittima ha portato a compimento la terza edizione “Raccontare Campiglia” con la presentazione del concorso letterario e la realizzazione dell’Antologia che raccoglie le opere dei partecipanti, racconti reali o di fantasia, ambientati nel vecchio Borgo.
All’iniziativa hanno aderito sedici autori, alcuni originari del Borgo ed altri provenienti dalla Toscana e da altre regioni. Umberto Bartoli, un campigliese D.O.C., ideatore e curatore del progetto nelle edizioni passate, quest’anno si è presentato come concorrente e ha vinto il primo premio con il racconto “Il discorso dell’araldo”, legato alla figura di Mario Musso, un personaggio protagonista delle recenti glorie dell’Ente di Valorizzazione.
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Temporale sul borgo. |
Anna Maria Scaramuzzino, vincitrice della edizione del 2018, ha raccolto il testimone della manifestazione ed è stata la curatrice del Premio per il 2019 e membro della giuria. Della giuria facevano parte anche l’editore Gordiano Lupi, Arietto Martelli, scrittore locale, l’assessore alla cultura Gianluca Camerini e il critico letterario e cinematografico Fabio Canessa. Ha dato voce alla lettura dei testi Paola Coppini e Luigi Nasti ha curato l’accompagnamento musicale con il suo sassofono.
La manifestazione prevista per il 27 luglio 2019 nella piazza del Mercato, è stata spostata per la pioggia nell’ex-cinema Martelli: nel corso della serata si è scatenato un temporale con una serie incredibile di tuoni e di fulmini che ha colpito il vecchio Borgo di Campiglia, le valli contermini fino al mare, in uno scenario parossistico di pioggia, di scie luminose e di bagliori, alternati dalle tenebre più nere. Più volte è saltata la luce e la lettura dei racconti è andata avanti, con la scena illuminata da luci di emergenza e dalla luce dei cellulari.
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Anna Maria Scaramuzzino. |
La Giuria. |
Un’atmosfera del tutto particolare, adatta a presentare, fra l’altro, il breve racconto di Roberto Mosi ambientato nei giorni cupi di oggi. Il racconto s’intitola “Porte chiuse” ed è una potente metafora di un paese dei nostri giorni: la sua comunità è invasa dalla paura del diverso, di colui che viene da lontano e pensa di chiudere la notte le porte ai quattro lati del paese e di organizzare ronde cittadine. Alcuni passi del racconto “Porte chiuse”, possono essere significativi, p. 124-127:
“Parlava con voce tonante nella sala del consiglio comunale, dall’alto del suo scranno di sindaco, dando di tanto in tanto un’occhiata alle pagine che aveva scritto nei giorni passati … Stava parlando già da mezz’ora nell’aula gremita di cittadini di tutte le età, alcuni con cartelli: “Vogliamo vivere tranquilli!”, “Via gli zingari dal Fossone”, “Le case popolari ai campigliesi!”.
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L'editore Gordiano Lupi. |
Paola Coppini e Luigi Nasti. |
Il sindaco arrivò alle proposte che gli stavano più a cuore: rafforzare le ronde e farle girare in maniera parallela, per evitare gli scontri, chiudere le porte della città la notte, acquistare droni che consentissero di fotografare dall’alto le macchine in arrivo, fornire a tutti i partecipanti alle feste, una tessera, detta dell’amicizia, con la fotografia, installare un sistema di altoparlanti sugli edifici più alti, per lanciare allarmi, avvisi di pericoli in arrivo. Concluse così il lungo discorso: “La notte, miei cittadini, le porte chiuse!”
Le proposte furono approvate con entusiasmo in mezzo agli applausi dei presenti. Il sindaco aveva ancora una volta la conferma che era in piena sintonia con l’anima del suo popolo. Una delle pattuglie di ronda era formata da un gruppo di giovani, amici e amiche, che avevano visto dapprima l’impegno come una cosa affascinante e divertente, un gioco …
All’improvviso si fecero strada idee nuove: bisognava rompere l’assedio della paura. Nei giorni seguenti successero fatti strani: una notte, gatti neri con le code fosforescenti, saltarono fra le gambe delle pattuglie di ronda, che corsero via, in fuga e, in una sera di nebbia, un grande cervo attraversò solenne piazza della Repubblica e scomparve giù in basso, verso via Roma. È da notare che, il giorno dopo, l’ortolano denunciò la scomparsa del ciuco dalla stalla, nel suo campo.
Si era steso su Campiglia Marittima un manto di paura insopportabile, un’atmosfera diversa da quella che si respirava nei paesi vicini.
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Il vincitore Umberto Bartoli. |
Si legge anche alla luce del cellulare. |
Il sindaco e il parroco convennero che si trattava, senz’altro, di fatti diabolici e che era necessaria una processione con la Madonna per attraversare i luoghi dove il diavolo si era manifestato. Così una sera della settimana successiva partì dalla Propositura di San Lorenzo, una solenne processione, con la banda in testa. Il percorso previsto si allungava fuori della cerchia delle mura, fino al cimitero e alla Chiesa di San Giovanni.
Al ritorno della processione, la porta a Mare era chiusa, sbarrata. Il sindaco, battendo sopra con i pugni, cominciò a urlare: “Chi è l’imbecille che ha fatto questo scherzo? Gliela farò pagare!” Poi mandò il capo dei vigili a vedere le altre porte ma erano tutte chiuse. Imprecò, maledisse: “Qui ci vuole una mano dura, durissima.”
In quel momento si alzò dal campanile della chiesa una musica, ripresa da altri altoparlanti, sulle porte, le torri, le strade principali. Era un fiume di musica latino-americana, samba, bossa nova, cha cha cha, che in un vortice di note si diffuse in ogni parte, dagli angoli più bui del paese, alle luci di piazza della Repubblica, dalla terra al cielo.
La processione si sciolse. La porta a Mare si aprì d’improvviso, comparvero ridendo ragazze e ragazzi, che cominciarono a ballare e mescolandosi alla folla continuarono a ballare tutti insieme fino all’alba mentre la luna illuminava, giù in basso, il mare e i contorni delle isole lontane, inseguendo le luci dei traghetti di passaggio, ponti luminosi fra porti lontani, aperti”.
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Roberto Mosi parla del suo racconto. |
Merita ricordare che la lettura del racconto “Porte aperte” è stata accolta da un applauso caloroso da parte del pubblico arrivato abbastanza numeroso, nonostante l’imperversare del maltempo, un auspicio, forse, a superare le barbarie dei “porti chiusi”.
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