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I cieli di San Pietroburgo
di Igino Creati

Si è tenuta nel pomeriggio di sabato 24 marzo 2012, presso il Caffè letterario “Profumo di Sole”, a Pescara, la partecipata presentazione dell’opera poetica I cieli di San Pietroburgo di Igino Creati.

Ha relazionato Daniela Quieti, scrittrice e giornalista,e ha coordinato Nicoletta Di Gregorio, Presidente Edizioni Tracce.

da sx: Daniela Quieti, Nicoletta Di Gregorio, Igino Creati.

Igino Creati, personalità a tutto tondo, è organizzatore di numerose manifestazioni culturali, ideatore e Segretario generale del Premio “Città di Penne” che, da sempre, aggrega noti personaggi del panorama letterario internazionale. È fondatore dell’A.S.P.A. (Associazione dei Poeti Abruzzesi) e ha vinto prestigiosi premi di poesia e critica letteraria. I suoi versi sono stati tradotti in rumeno, greco, russo, inglese e spagnolo e le sue opere hanno meritato profili critici importanti, come quelli, fra gli altri, di Mario Luzi, Walter Mauro, Emerico Giachery e Luciano Luisi, il prefatore di questa splendida silloge.

In un tempo nel quale sembrano prevalere l’indifferenza e la disaffezione sui veri sentimenti umani, l’incontro con pregevoli liriche, che non sono soltanto una raccolta, ma un intenso “poema d’amore”, riscalda il cuore e restituisce chiarità e speranza all’anima ferita dalle ingiurie e dalle sottrazioni imposte da una quotidianità troppo spesso ostile. In I cieli di San Pietroburgo, Igino Creati è poeta di teneri affetti,sensibile agli ideali di pace, di solidarietà e del mondo giovanile.

Già l’impatto cromatico con lo sfondo azzurro della suggestiva immagine di copertina evoca nel cielo della bellissima San Pietroburgo una spiritualità capace di dissolvere nubi e di risarcire assenze e lontananze. Un azzurro speculare del cielo e del mare di Pescara, ponte ideale a unire le due città, sul quale si dipana un diario d’anima e di vita, di cuore e di ragione, che dal privato si apre all’altro da sé in una visione allargata.

Il poeta dedica in esergo il libro ai propri affetti,però ogni lettore può riconoscersi in emozioni universali. Le poesie sono strutturate in tre parti, intimamente connesse da un legame che riverbera la migliore tradizione classica, quella dantesca “che move il sole e l’altre stelle”, o francescana preghiera, o agostiniana inquietudine che conduce a valutare i quesiti esistenziali con il parametro dell’intelletto: “Dacci a poco a poco / l’antico sorriso senza inganni […] dietro i sogni / dentro ogni verità […] senza abbagli […] il senso giusto delle cose / la loro serena lucentezza”.

Un momento della presentazione, da sx: Daniela Quieti, Nicoletta Di Gregorio, Igino Creati.

Come da una nota critica di Mario Luzi, i testi di Igino Creati sono disseminati di dubbi e angosce in alternanza con sprazzi di felicità, quasi a ricordare che è questo il prezzo di ogni amore.

La versificazione libera, in cui è presente l’endecasillabo, il metro per eccellenza della poetica italiana, racconta una storia palpitante di gioie e malinconie intorno a una figura femminile, da una prospettiva che non si limita a descrivere un mondo intimo,e incui la parola si fa logos della coscienza collettiva, attenzione alle realtà avvilenti, sforzo da compiere insieme con altri settori della vita sociale e politica per un futuro migliore in cui i giovani di oggi possano trovare certezze.

Ogni prima lirica delle sezioni in cui si suddivide la silloge è dolcemente rivolta alla piccola figlia,sembra voler chiedere scusa del senso delle cose tramandato così com’è,rinsaldare il vincolo affettivo nell’anelito di restituire “la vita che manca” alla solitudine e allo smarrimento. Eterno Ulisse fra “approdo o una nuova partenza”, nella perlustrazione inquieta di una scia labile su un altro parallelo, dice: “Oggi più di ieri so che tu, o diverso / sei l’unico Paese possibile / lo spazio d’anima verso cui / desidero andare / anche da solo se occorre […] non basta l’odio degli altri – sai? – ad annientarti / per il riscatto – il tuo il nostro / di questa intera civiltà che veloce ci consuma. / Per me sei uscito dal margine per sempre / perché un poco mi somigli”.

Negli interrogativi aperti sul significato dell’esistenza, sul perenne dualismo che contrappone la logica razionale alle ragioni del cuore e del loro essere, verso dopo verso, un crescendo lirico avvolge nella commozione del pensiero, nel: “Vorrei – tu e io passati ad altre età – / raccogliere intorno a una cena / non solo memorie e brividi d’attesa / ma qualche verità / che sposti l’orizzonte / invadere di noi e diradare / come oggi fa il cuore / le nebbie del mattino”. O, nell’eco di un passo che transita lieve sul cuore in esilio, difendere e illuminare un ritorno in cui: “muteranno non solo le parole / la verità il sottofondo / che ora genera armonia / avrà un punto di saggezza / la tua identità / e forse tutto quello che già sai”.

Veduta d'assieme del Caffè letterario “Profumo di Sole” a Pescara.
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