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Sauro Pardini, ultimo macchiaiolo

Fra ombra e luce la vita scorre a
Lari. Così a una prima lettura di questo olio di Sauro Pardini a me già noto,
degna copertina a “Cronaca di un soggiorno” inno d’amore di Nazario alla casa,
alla famiglia, al suo stile di vita sempre attento agli altri, silloge intensa
tra l’altro da me recensita.
Ma ora, rivedendo con più attenzione l’opera, cerco
di intuire il messaggio trasmesso dietro il paesaggio: poche case
raccolte in un angolo di strade. Il pittore usa la luce, accesa dalla sua anima,
come rivelazione d’amore per il borgo di cui illumina solo alcune parti delle
case strette insieme in una forma di riservatezza, resa anche da macchie più
intense, che è poi il suo essere uomo là fra la sua gente.
Quindi l’opera è
rappresentazione ontologica e psicologica che va oltre la pura descrizione: dice
infatti la storia di un artista che la vive nella sua insula, rifugio, con senso
di appartenenza alla sua terra ma nel chiaroscuro di un personale atteggiamento
esistenziale molto riservato. È sotteso nel quadro un senso di non detto nelle
macchie d’ombra, nei grumi di colore, nel cielo velato seppur da leggere nuvole.
Il non detto si avverte anche nelle altre opere, piccoli
omaggi ad angoli di Toscana. Le figure infatti in primo piano come i buoi hanno
uno sfondo paesaggistico, sfumato, a macchie di colore incompiute che possono
esprimere la precarietà, l’effimero del mondo, la magia, particolari atmosfere
della natura toscana. Nei buoi invece accesi dalla luce è realisticamente
esaltata l’operosità della vita che procede nel lavoro animale e umano. Anche la
figura femminile, evidenziata dalla luce in uno stato contemplativo, ha per
scena un paesaggio toscano indefinito nei colori del chiaroscuro, forse
contraltare al volto enigmatico della fanciulla che guarda, sogna un sogno
sfumato o segreto nella bellezza dello sfondo. È quindi la rappresentazione
della Toscana che è realtà e sogno insieme nei paesaggi magici, resi
indefinibili dall’amore stesso per la propria terra, le proprie radici, una
tensione amorosa così profonda che si può solo rendere nell’infinitezza
dell’indicibile, quasi di un non-verismo.

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