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La pittura di Aldo Paolillo

Aldo Paolillo è un artista assolutamente atipico che usa l'arte per ricercare, col gesto e col segno, le tracce di quella ricerca del Sé e dell'Altro vissuta come espressione e come percorso di cura nella sua professione di medico e di psicoterapeuta.

Comincia a disegnare da ragazzo, al liceo. Con la matita si perfeziona nel chiaroscuro per poi arrivare a impadronirsi dell'uso della china con cui riprodurrà animali e parti anatomiche dai libri di biologia e dai testi di medicina.

Ma è dopo la paternità, come racconta, che attraverso l'uso della macchina fotografica, recupera e riprende il filo col figurativo in genere, e in particolare, un suo studio fotografico sui primi piani lo porterà a riprodurre quei volti su carta.

Il rapporto della materia col colore viene acceso in seguito da un regalo che consisteva in una scatola di tempere: sarà infatti attraverso la tempera che comincerà a svilupparsi appieno il suo rapporto con la pittura.

Forte è nell'artista la necessità di creare usando tecniche assolutamente originali che gli permettano di passare, come lui racconta, “dal duro al morbido”, ossia di intagliando il disegno col coltello, nutrendolo di colore col pastello o con un uso particolare del pennarello, per poi lucidarne l'immagine con una cera apposita, sempre usando come supporto rigide lamine di compensato.

Quindi, da quei soggetti paesaggistici dove il bello è nella ricerca del movimento proprio delle cose raffigurate, si arriva ad oggi, dove il pittore rappresenta se stesso che uccide il proprio Minotauro interiore: prodotto di un pensiero che è punto di arrivo del suo percorso verso quel nuovo che libera l'esistere da ciò che lo condizionava.

Tematiche mitologiche si incontrano nel suo itinerario d'artista: il mito di Aracne, Dedalo e Icaro, dove psicanalisi, filosofia e analisi poetica, si sposano nel suo viaggio di ricerca dentro l'uomo.

Ma Aldo Paolillo è anche attore e, attraverso questa esperienza, diventa importante il suo lavoro sulla “maschera” in cui il ruolo d' interprete si deve combinare col ruolo di uomo che, per esistere, quella maschera la deve buttare e imparare ad abitare il vuoto che si attraversa a ogni presa di coscienza, ad affrontare l'abisso che provoca la visione di se stessi

E quindi troviamo nella sua pittura il tema del burattino come figura che deve ribellarsi al simbolo favolistico rappresentato da Mangiafuoco fino a confrontarsi col burattino che va a rivestirsi dell'armatura, la corazza con cui ci copriamo per proteggerci dal mondo, dalla nudità che ci fa sentire indifesi, che ci impedisce il dolore, ma anche il piacere.

E il dolore nasce sovente dal senso falso dell'amor proprio che ci imprigiona nel successo obbligatorio della prestazione, mentre la via dalla sua liberazione passa attraverso l'atto sacro del morire a se stessi che permette di non temere più nulla e spingersi così oltre ogni immanenza per poter arrivare alla trascendenza con un Dio che, altrimenti, non può comunicare con l'uomo.

Uomo di fede nel messaggio evangelico, Aldo Paolillo dipinge un'Imago Christi nei tratti di un'iconografia nuova, con segni forti, intensi e intimi.

Paolillo unisce sovente alle immagini delle sue creazioni poesie scritte in libera associazione concettuale, viaggiando alla ricerca del tempo discontinuo della crisi per chiarire il senso delle cose che cambiano, degli affetti che vivono nella realtà il loro senso di morte e trasformazione, sottolineando così l'illusorietà del vivere, del grande gioco in cui siamo immersi dove l'uomo è il giocatore messo in attività sempre dalle regole del gioco stesso, nella speranza di cogliere l'eterno presente che ci consiglierebbe la libertà dell'equilibrio.
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