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Intervista a Cinthia De Luca
«La genesi della poesia passa di solito attraverso fasi di apparente quiescenza creativa, perché è proprio grazie a questi momenti di
inconscia introspezione, che nasce un'esplosione creativa quasi inarrestabile».
Da Infiniti meandri di Luce a Penombra d'Oltre è lampante il passaggio nella poetica della De Luca dalla luce, che permeava l'io teso alla "ricerca
l'esaltante dell'assoluto" nella prima raccolta, alla penombra di questa nuova
silloge, simbolo del tormento di una simile esplorazione e del trionfo della
relatività. La silloge comprende anche il componimento Sigillo d'eternità,
col quale l'autrice ha vinto il "Premio Cesare Pavese 2009", nella sezione
A.M.S.I. «Questa poesia - spiega la De Luca - è nata da una semplice
riflessione. Per quanto percorriamo le regioni dell'anima, è impossibile imprigionarne i confini e sondarne le profondità; la necessità di verità
insita nell'uomo, per natura, è immensa, da qui il dispiegamento continuo di
quello "spirito di ricerca" che ci contraddistingue e l'ansia di intendere
il mistero, di giungere alla conoscenza dell'universale e dell'immutabile, attraverso una risposta univoca ed unificante, una sorta di
xxx, che in
sé riunisca tutte le cose. Il "Sigillo d'eternità" che
simbolicamente, come direbbe Schlegel, è un tentativo di "ridurre il finito all'eterno"».
Tra gli autori contemporanei c'è qualcuno che predilige?
«In particolare Susanna Tamaro, di cui sto rileggendo Va dove ti porta il
cuore. Dico rileggendo, perché mi capita spesso, nei momenti di crisi e di
incertezza, di risfogliare quelle pagine ariose e profondissime, in cui
l'uomo si spoglia di tutto, e nell'essenzialità e in silenzio, senza nulla
intorno, nel coraggio assoluto della verità della ricerca del proprio
essere, senza ipocrisie né turbamenti, e senza quelle barriere che, più
o meno inconsapevolmente, sono innalzate tra il proprio sentire e la propria
interiorità, intraprende un processo liberatorio per capire chi egli sia
veramente. Tutto il libro sembra ruotare intorno alla piccola, magica
frase "xxx", ossia "conosci te stesso", e solo attraverso questo
cammino di conoscenza, denso di ostacoli, ma appassionante come la più
intensa delle sfide, egli può trovare forza e dignità, avendo l'audacia di
"partire" ogni giorno per approfondire il sentimento del vivere, pur non
conoscendo esattamente il punto di approdo, metaforica conquista».
Qual è il libro che sta leggendo?
«La Storia di Elsa Morante, perché è un romanzo semplice e profondissimo, volto a denunciare "uno scandalo che dura da diecimila anni", o
forse da sempre. Lo scandalo di essere, di esistere, senza un perché,
scandagliato attraverso la coscienza dell'Innocenza, espressa attraverso lo
sguardo dei bambini, degli animali, degli umili, dei dimenticati, di
tutti coloro che sono ultimi. È la Storia, matrice individuale e corale, un
filo sottile che si dipana attraverso ogni singolo individuo, per
coinvolgere infine l'intera umanità, che si fa apologia delle vittime,
delle "cavie che non sanno il perché della loro morte", di tutti coloro che,
assetati di una sete che non conosce ristoro, atomi solitari di un divenire
mai compiuto, cercano affannosamente quel "sigillo d'eternità", che
scalfisca le inutili parole, quel perché destinato a non avere risposta e,
pur non avendola, ogni personaggio di questa piccola-grande odissea riesce infine a sbocciare pienamente nel proprio candore».
Si sta dedicando alla
stesura di nuove poesie?
«In questo momento mi sto dedicando più alla critica letteraria, sia
per esigenze di collaborazione, che per un sentire personale; mi trovo
sicuramente in un momento più "analitico". La genesi della poesia passa di
solito attraverso fasi di grande, apparente quiescenza creativa, solo
apparente, perché è proprio grazie a questi momenti di inconscia
introspezione, che nasce poi un'esplosione creativa quasi inarrestabile». | |
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