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Nella sua casa di campagna, intervista allo scrittore di cui sta per uscire
l'ultimo libro sul Monte Athos
«Scrivo romanzi in forma di poema»
in: L'Indipendente, mercoledì 27 gennaio 1993
Bestemmia ferocemente contro i cervi che scorticano gli alberi, spaventano il gregge e tagliano
la strada in branchi quando lui si
avvia in macchina verso il paese
nascosto tra le montagne casentinesi.
Poi Venero Scarselli si calma, entra in casa, siede davanti al falò,
evidentemente rassicurato dal sinistro tic tac di almeno venti vecchie pendole che tiene fra
studio e soggiorno. Docente universitario di fisiologia e ricercatore di
farmacologia per un'industria milanese, questo signore dall'aria vagamente mefistofelica un giorno decise che non andava affatto bene.
«Decisi, o meglio capii finalmente, che la scienza non poteva offrirmi nessuna chiave
per la comprensione della realtà dell'universo. E mi ritirai. Solo la
poesia, che avevo già praticato in gioventù, manteneva aperta per me
una possibilità di rappresentazione aderente del mondo».
Da allora, dopo un periodo di ricerca e di lavoro
(durissimo) nei campi della sua tenuta, è un susseguirsi di uscite che
raccolgono sempre maggiori consensi e Lasciano il segno nel pur chiuso
establishment della poesia italiana: Isole e vele, Pavana per una madre defunta,
Torbidi amorosi labirinti, Priaposodomomachia, l'ultimo libro di poesia
pubblicato nell'estate del '92. Il suo prossimo volume, di cui non anticipa
neppure il titolo, uscirà fra pochesettimane per la Nuova Compagnia Editrice.
«Un poema epico – spiega – anzi un diario epico. La storia di un eremita che
scala il Monte Athos alla ricerca d Dio».
Eppure, non tutta la sua produzione presenta argomenti così
apparentemente raccomandabili. Priaposodomomachia, la storia di una sodomia
che termina tragicamente, in altri tempi le sarebbe valsa una stabile presenza
nella classifica di libri più rigorosamente proibiti...
Su questo non c'è alcun dubbio. Ma vede, per me la poesia è
il tentativo d rappresentare il vero. Solo questo conta. Dunque anche la visione
di una fanciulla nuda in una posa oscena e i pensieri che essa suscita possono
essere oggetto di poesia. Non capisco questa predilezione dei nostri autori più
illustri per l'autocensura, la tendenza invalsa ad attribuire a se stessi solo
puri e nobili sentimenti. Ciò è ridicolo. Ha visto il risultato? Oggi ci sono
più scrittori che lettori di poesia, e i poeti vengono letti solo dagli altri
poeti. La poesia, anziché interpretare la realtà, è stata trasformata in un
esercizio di falsa raffinatezza per addetti ai lavori.
Quali sono attualmente i suoi rapporti con i colleghi?
Ah, sono solo rapporti di comodo. Cerco solo di non
offenderli, di non far pesare loro il mio rifiuto di una poetica fatta
esclusivamente di frammenti e parole vuote, di quelle che non lasciano traccia
perché sono frutto di una mania solipsistica. Vivono in una nuova Arcadia fatta
di cose convenzionali. Quando mi mandano i loro libri per una recensione mi
mettono puntualmente in imbarazzo.
Insomma, lei in cosa si sente realmente diverso?
A me interessa il mondo al di fuori del mio io. É. per questo
che mi sforzo di raccontare il mistero della natura umana senza affidarmi a
frammenti di impressioni. Piuttosto, mi piace dire che scrivo libri poematici,
veri e propri romanzi in versi da cui non si possono enucleare singole parti.
Insomma, non cerco il pezzo di bravura, il virtuosismo incomprensibile.
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