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L'intervista a
Mariella Bettarini
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D. La poesia oggi: come la vedi, dove la trovi, che cosa ne pensi…
R. La quantità dei libri di poesia italiana è sterminata, anche se solo
pochissimi sono gli autori/autrici presenti davvero nelle librerie, e pochissimi
i relativi editori. Sempre gli stessi. Quali, dunque, gli autori/autrici e gli
editori presenti? Assai pochi: i più famosi, cinque o sei (di cui alcuni facenti
parte dell’ormai onnivora “Cupola” mondadoriana), e i relativi autori/autrici,
quelli che – editori ed autori – vengono generalmente definiti “a diffusione
nazionale. Tantissimi libri pubblicati, ma in libreria sempre gli stessi
editori, e pochissimi nomi davvero alternativi, davvero nuovi e diversi dai
“soliti noti” che “tirano” e si vedono e vendono, ecc.
D. Ma è proprio tutta qui e solo questa la poesia che conta in Italia?
R. Certo, no. Parlo di quella presente nelle librerie, che s’adeguano e
seguono il potentato dei distributori, i quali a loro volta s’adeguano e seguono
il potentato dei cinque-sei editori, e così via. Avviene tutto così, in una catena malsana e inestirpabile, che corrompe la
possibilità stessa di esistere, di scrivere, di avere critici e lettori
“indipendenti”, ancora liberi di guardarsi intorno, di sapere e vedere che ci
sono poeti, scrittori che non saranno mai su quei tavoli di libreria, in quelle
tali serate di premi che fanno vendere, in quegli spazi cosiddetti “culturali”
(ma quali, ormai, quando è deserto e silenzio, e quando il maggior mezzo di
diffusione di massa – nonché “Voce del Padrone”, la TV – se ne frega
tranquillamente di tutto questo?). Il discorso potrebbe anche finire qui. A che
serve, in definitiva, parlare seriamente di linee di tendenza, di indirizzi
stilistici, di problemi formali, se tutto poi si muove in pochissime centinaia
di copie, diffuse tra pochi Resistenti Volonterosi, al cospetto dei milioni di
telespettatori sdilinquiti, di fronte alle cifre snocciolate dalla Società
dell’Audience e dello Share?
D. Ci sono anche altre realtà, altre verità, altre voci...
R. Sì. Lo sappiamo noi che da venti, trenta, quarant’anni scriviamo, facciamo
riviste, curiamo piccole (magari - si spera - qualitative, severissime) Collane
di piccolissima editoria, ma la sorte di certe belle e buone scritture è proprio
uguale-uguale, ossia miserrima, in questa Italia che di “forte” ha solo tante
facce di bronzo e di “libero” soltanto la libertà del generale scandalo che
invischia tutto quanto, dalla giustizia all’economia, dal mondo del lavoro alla
cosiddetta cultura. Difficile, difficilissimo, dunque, sapere, potere scegliere
in questo “mare” obbligato di scritture proposteci, imposteci. Difficile, perché
dobbiamo convincerci che non è solo lì, non è solo più lì la scrittura che
esiste, che conta. Convincerci che la scrittura esiste, resiste, sopravvive
anche altrove: prima di tutto nelle coscienze, nei cervelli, nei cuori, nelle
passioni di chi ancora la pratica senza primarie preoccupazioni di vendita, di
notorietà; in una parola: di potere. Convincerci che la scrittura è ormai
soprattutto presente in coscienze libere, indipendenti, in autori/autrici che
non vogliono obbligatoriamente farne uno status, ma che la praticano amandola
molto di più: amandola piuttosto che amandosi; guardando a lei – la scrittura –
piuttosto che al proprio ruolo, al proprio piccolo o grande “successo” (con la
poesia, poi, che “successo” può esistere, se non la vanagloria di una citazione
“autorevole”, di una chiamata importante, di una partecipazione a qualche
festival più “prestigioso” degli altri? “Glorie” miserrime, che non possono
certo ripagare i compromessi, il risibile senso di onnipotenza, la competitività
che spesso rischiano di cogliere certi piccoli semidei del verso, quei
pochissimi “beneficiati” per ogni generazione, i Poeti “a diffusione nazionale”,
i “Distribuiti”, gli “Onnipresenti”…).
D. Qualche nome tra i non “beneficiati”, non “distribuiti”, non
“onnipresenti”…
R. Farò i nomi di coloro (donne e uomini scrittrici/scrittori; tante donne
scrittrici ignorate spesso ancora di più – e nel termine “scrittrici” includo
naturalmente anche chi scrive versi); coloro che sono dimenticati, assenti,
trascurati, silenziati che dir si voglia; i nomi di coloro che non si
“arrampicano”, non si dànno da fare (se non scrivendo), non si autocelebrano,
che non gareggiano, che non girano ovunque pur di avere uno straccio di
“visibilità”, un soldo di “presenza”, un briciolo di “notorietà”. Gli onesti,
“gloriosi” davvero nomi di autrici e autori che esistono, lavorano, scrivono,
anche pubblicano (talora persino molto) eppure non esistono: né sulle principali
antologie, né nei dizionari e repertorî, né nei volumi “ufficiali” di critica
letteraria, e spesso neppure (o molto poco) nelle numerosissime riviste e
rivistine che pubblicano testi narrativi e poetici, recensioni e noterelle
critiche. I nomi di quelli che (quasi) non esistono, pur esistendo e talora
scrivendo persino meglio, più intensamente, più originalmente, di tanti poeti
noti e notissimi, citati, invitati, “omaggiati”. Limitandomi al solo catalogo
delle nostre ventennali Edizioni Gazebo (dico “nostre”, poiché Gabriella Maleti
ne è, assieme a me, a Firenze, fondatrice e curatrice – anzi ne è stata
l’originale ideatrice), ecco alcuni nomi, giovani o meno giovani, operanti da
decenni e decenni o da molto minor tempo, in ordine alfabetico (nomi simbolici,
s’intende, di una schiera d’altre egregie voci, sparse un po’ in tutte le
regioni d’Italia). Dunque: Margherita Adda, Nadia Agustoni, Angelo Australi,
Alberta Bigagli, Annalisa Comes, Nelvia Di Monte, Mirco Ducceschi, Angelo
Ferrante, Alessandro Franci, Chiara Guarducci, Maria Grazia Lenisa – il caso
forse più macroscopico e grave di “censura-dimenticanza” da parte di molte
antologie e repertorî “ufficiali” –; Giuseppina Luongo Bartolini; Gabriella
Maleti (vale per lei quanto sopra detto per Lenisa, con l’aggravante di un
“oscuramento/silenziazione” verso una scrittura anche narrativa straordinaria).
E ancora: Elia Malagò, Insel Marty, Loretto Mattonai, Massimo Morasso, Maria Pia
Moschini, Sergio Nelli, Luciano Neri, Maria Pagnini, Anna Rosa Panaccione,
Gianna Pinotti, Aldo Remorini (l’unico, in questo elenco, che non fa parte del
catalogo di Gazebo ma di quello, più “antico” e assai più esiguo, dei “Quaderni
di Salvo imprevisti”); e poi: Marisa Righetti, Pino Salice, Enrica Salvaneschi,
Giovanni Stefano Savino, Valerio Vallini, Roberto Voller, eccetera.
D. Mi sembra di capire, dalle tue parole, che le sorti della cultura
letteraria (e della cultura tout court) seguono di pari passo quelle della
società in quest’Italia di oggi.
R. Be’…, il discorso, dalle mie parole, parrebbe finito, il cerchio
definitivamente chiuso. Invece, forse, potremmo ripartire da qui. Ripartire dal
vero e unico problema – in definitiva – della poesia, della letteratura: il
problema della serietà e della passione, della se-verità degli intenti; il
problema delle radici culturali, della formazione, dello studio, della dedizione
profonda a quanto di egregio e significativo e grande e magari misconosciuto è
avvenuto prima di noi, e talora accanto a noi. Il problema, insieme, della
tradizione e del rinnovamento: non l’uno senza l’altra, non una (supposta,
millantata) “avanguardia” che pensa di poter fare piazza pulita di tutto quanto
l’ha preceduta. Il problema della (tautologicamente autentica, necessaria)
autenticità di ogni atto scrittorio. Un problema morale ancor prima che
letterario. Da qui, solo da qui – a mio parere – possono darsi ancora autentica
poesia e narrativa, credibile letteratura, cultura anche socialmente
significante.
D. Sarà ancora possibile?
R. Nonostante il precedente discorso all’apparenza del tutto disperato (e
disperante), oso invece credere, sperare in una Resistenza (se non in una vera e
propria ripresa) dell’ideale, della passione, della dedizione assoluta che
fondano la letteratura, la scrittura. Me lo fanno sperare i tanti, tantissimi
(anche miei “sodali”, prossimi) che proseguono – ostinati e talvolta persino
felici – a praticare questa così poco “mondana” attività, quest’arte che tanto
esige per sé, che tanto impegna – occupando l’intera la vita – e così poco,
all’apparenza, ha da offrire in cambio. Ma solo all’apparenza. In realtà, dando
e dando ai propri “fedeli” una pienezza impareggiabile, la significanza di
un’opera preziosa in sé, durevole oltre la vita. Un’opera degna di ricolmare
un’esistenza, la quale forse nient’altro ha da volere se non la propria
misteriosa, inesplicabile quasi, espressione, significazione.
Mariella Bettarini
cenni biografici
Mariella Bettarini è nata nel 1942 a Firenze, dove vive e lavora. Dagli
anni Sessanta ha collaborato a numerosissimi giornali e riviste con scritti di
critica letteraria e sui rapporti tra letteratura e società. Più di recente ha
curato per il mensile “Poesia” una rassegna di circa cento scrittrici di versi
dal titolo “Donne e poesia”. Nel 1973 ha fondato il quadrimestrale di poesia
“Salvo imprevisti”, che nel 1993 ha preso il titolo “L’Area di Broca”,
semestrale di letteratura e conoscenza. Dal 1984, su un progetto di Gabriella
Maleti, cura con la Maleti stessa le “Edizioni Gazebo”: più di centosessanta
titoli prevalentemente di poesia, ma anche di prosa creativa e critica. Dal
1966 ha pubblicato ventisei libri di poesia, tra i quali si ricordano
l’auto-antologia Tre lustri e oltre, Asimmetria, Zia Vera –
infanzia, Per mano d’un Guillotin qualunque, Nursia (con
Gabriella Maleti), sino al più recente La scelta – la sorte; sette tra
libri e plaquette di narrativa, tra gli altri: Psycographia, Amorosa
persona e La testa invasa, oltre a due volumi di saggi: Felice
di essere (scritti sulla condizione della donna e la sessualità) e, con
Silvia Batisti, Chi è il poeta? (interviste a 33 poeti). È inoltre
presente con interventi critici in innumerevoli antologie e volumi saggistici.
Negli anni Settanta ha tradotto (su rivista e in volume) vari scritti di
Simone Weil. Assieme ai genitori di Alice Sturiale ha curato Il libro di
Alice (Polistampa,1996; indi Rizzoli, 1997 con numerose ristampe nella
Bur), tradotto in molte lingue. Nel 2003 Maria Amelia Sucapane ha discusso
presso l’Università “La Sapienza” di Roma, relatrice Bianca Maria Frabotta, la
tesi dal titolo “L’opera poetica di Mariella Bettarini”.
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