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Intervista a Luca Marcolivio:
la forza delle parole positive

Luca Marcolivio (Roma, 1976) è giornalista professionista. Collabora con le agenzie Zenit e Corrispondenza Romana e con i periodici «Radici Cristiane» e «La Destra delle Libertà». Dal febbraio 2010 è direttore responsabile del settimanale web “L’Ottimista”. Assieme ad Antonio Gaspari ha curato la stesura delle voci dell’enciclopedia Santini da collezione (2008-2009) e Santini della Madonna di Lourdes. Recentemente ha pubblicato Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato, Vallecchi Editore.

C’è un’altra figura del Risorgimento – oltre a Garibaldi – sulla quale vorresti scrivere?

Sono molti i personaggi interessanti di quell’epoca. Di molti di loro si sa poco: penso a Silvio Pellico, patriota fuori dagli schemi, che si oppose all’Austria – pagando di persona con dieci anni di Spielberg – ma anche alla massoneria. Gli scritti di Pellico, oltretutto, ad esclusione de Le mie prigioni, sono poco conosciuti ma di grandissima attualità.

Anche una figura leggendaria come quella di Mazzini è degna di essere ulteriormente approfondita. La sua personalità complessa, oscura e contraddittoria si presterebbe a saggi di storia, quanto di psicologia.

Come giudichi il Risorgimento?

Prima ancora che un fenomeno italiano è stato un fenomeno europeo: la modernità che avanzava a grandi passi nella coscienza di tutti i popoli del vecchio continente. Siamo di fronte ad un’epoca storica che ha dato vita a due nuovi grandi stati nazionali con una storia ultramillenaria alle spalle: la Germania e l’Italia.

Un’epoca di luci ed ombre. In particolare il nostro paese pagò uno scotto troppo grande per un’unificazione che, in ogni caso, non poteva più aspettare. La nostra unità infatti - caso unico nel panorama europeo - avvenne con modalità contrarie agli interessi e alla volontà della maggior parte della popolazione: guerre di conquista, saccheggi, stragi, aggressioni, confische di beni in particolare nei confronti del clero… Fu un’Unità che non rispettò nemmeno il comune senso religioso della popolazione, la sua radicatissima tradizione cattolica. Su questi lati oscuri del Risorgimento è bene che il dibattito rimanga aperto e il più possibile lontano dalle deformazioni ideologiche. La mia biografia “controcorrente” Contro Garibaldi, stigmatizzando il principale mito dell’Unità d’Italia, vuole mettere in luce le contraddizioni e le debolezze di quegli anni e dei suoi protagonisti.

Cosa ha significato per te scrivere un libro di storia?

È stato un immergermi nelle radici del mio paese, in definitiva nelle mie radici. Studiare la storia e scriverne aiuta ad approfondire la propria identità ed anche a comprendere i problemi attuali.

Quali sono i tuoi progetti prossimi?

Credo che pubblicherò nuovi libri ma non dico ancora su cosa: non vorrei mi rubassero l’idea! Come giornalista, conto di dare un respiro sempre più internazionale alla mia attività.

La donna è davvero alleata dell’uomo?

Essere alleati è nella stessa natura dell’uomo e della donna. La diversità biologica e psicologica e la complementarità tra i due sessi sono la vera linfa vitale dell’umanità e del mondo intero. Purtroppo l’ideologia degli ultimi quarant’anni ha portato ad un concetto distorto di emancipazione femminile, che ha creato una grandissima confusione dei ruoli e delle identità, oltretutto disattendendo, nella sostanza, l’obiettivo della pari dignità tra uomo e donna. E il risultato di tutto ciò è soltanto un enorme senso di frustrazione ed infelicità tra le coppie.

Mi vuoi parlare del tuo giornale l’Ottimista, il settimanale delle buone notizie?

L’idea nacque un paio di anni fa, parlando con il direttore editoriale Antonio Gaspari. Prendemmo atto che l’informazione a stampa – e ancor più quella televisiva – è improntata al catastrofismo, al morboso, al macabro e al cinico. Bad news is good news (“la cattiva notizia è la buona notizia”) è il parametro che condiziona le agende delle redazioni di tutto il mondo… Beh, a nostro avviso, questa formula alla lunga non paga e lo riscontriamo con il calo delle vendite dei giornali e dell’audience dei TG. Siamo invece convinti che il bene fa notizia. Good news is beautiful news (“la buona notizia è la bella notizia”). Oltre la cortina fumogena della malvagità, delle guerre, del terrorismo, della delinquenza, vi sono tante storie edificanti da narrare, tanti eroi sconosciuti che non chiedono nulla in cambio delle loro gesta. Raccontare il bene spinge a sua volta a fare il bene. È un circolo virtuoso!

Sì, il bene fa notizia: nel corso di un colloquio, il Ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, ha auspicato con convinzione un cambiamento positivo e fa suo un motto di Gandhi che dice: “I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Come si può sostenere la meglio gioventù? Che ruolo può avere la scuola?

La scuola dovrebbe innanzitutto restituire entusiasmo ai suoi giovani: la nostra generazione è scoraggiata perché non le è stato insegnato né il senso del sacrificio e della conquista (siamo cresciuti con l’illusione del benessere dovuto e garantito e siamo vulnerabili di fronte a ogni più piccola delusione), né lo stupore per la vita e per la realtà, per tutti i miracoli della natura e dell’umanità che avvengono quotidianamente. Inoltre andrebbe rivalutata l’unità dei saperi, la cultura umanistica come collante di ogni disciplina. La scuola dovrebbe smettere di essere un “nozionificio” per futuri burocrati e riprendere a formare le persone, prima ancora che le menti.

Che cos’è per te la Santità?

Non è compiere atti eroici e ai confini della realtà, ma riconoscersi piccoli e umili di fronte a Dio Padre, voler seguire il piano che Lui ha per noi. È rinunciare a se stessi, alle proprie ambizioni, al proprio orgoglio per Amore. Giovanni Paolo II è stato il pontefice che ha proclamato più santi e beati, ricevendo spesso critiche per questa prassi. In realtà papa Wojtyla (che, non a caso, il prossimo 1 maggio sarà beatificato a tempo di record: sei anni dopo la morte), elevando gli altari così tanti laici, padri e madri di famiglia, intellettuali e gente comune, affianco ai consueti sacerdoti e martiri, ha voluto indicarci che la via della salvezza - pur così difficile e diversa dai modelli ‘facili’ che il mondo suggerisce - è una strada percorribile da tutti e soprattutto bella ed emozionante.

Come giudichi lo stato di salute della cultura italiana? Si pubblicano troppi libri? Esiste ancora la figura dell’intellettuale?

Non credo sia un problema la quantità di libri in circolazione sul mercato quanto la loro qualità. È chiaro che tale qualità è bassa e lo stato di salute della cultura italiana è da codice rosso. Gli intellettuali hanno da troppo tempo abdicato a quella che dovrebbe essere la loro funzione più nobile: essere al servizio del buono, del bello e del vero. Difendono lo status quo, i poteri forti, i luoghi comuni, il buon senso a buon mercato… Ma la storia è stata sempre fatta dalle persone fuori dal coro: servono anticonformisti veri!


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