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Dubbi linguistici
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in neretto i nuovi inserimenti |
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Benedetto XVI° | ‘Al
numero romano non si deve apporre la letterina in esponente ( o o a)
che serve invece, dopo un numero arabo, a indicare l’ordinale corrispondente’
(L. Serianni - Gramm. it. VI.4) es. 16°.
L’errore si vede spesso, anche in tv: G. Forno ha più volte stigmatizzato il
‘cerchietto della vergogna’. Né proprio consueto sarebbe indicare in numeri
romani il giorno del mese, es. XX settembre. L’uso dell’esponente è
invece ricorrente in Francia, es. XIIIe siècle (da ‘La musique
au moyen âge’ IV.48). Correttamente allora: Benedetto XVI. |
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blù | In
insegne e nomi si trova spesso accentato, ma andrebbe atono (blu), grafia
consigliabile. Come finale di univerbazioni va ovviamente accentato, es.
rossoblù. La voce proviene dal francone blao (biavo), di colore
azzurro chiaro, ma per blu oggi s’intende una tinta più scura. Altre forme
affini (allotropi) blè e bleu, anche blue in unione con
altra parola, es. blue-jeans (con trattino) o blue chips (senza
trattino). |
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circùito /
circuìto | Durante un
telegiornale del dicembre scorso due giornalisti riferendosi a un autodromo
hanno pronunciato l’uno circùito e l’altro circuìto: il primo ha
pronunciato – a rigore – in modo giusto, infatti circùito è sostantivo,
benché pochi pronuncino corto circùito; per circuìto si intende
invece il participio passato di circuìre. Un caso quasi simile si ha con
utènsile e utensìle: qui utènsile è aggettivo (ma può anche
essere sostantivo), per esempio macchine utènsili e non macchine
utensìli. |
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dal 1 al 8 |
Esempio di cartello che si vede spesso, ovviamente con varie date; ma in
questo caso le preposizioni dal e al andrebbero: dall’1 all’8; infatti quei
numeri si leggono con vocale iniziale, uno e otto (oppure undici). L’errore
nasce da due motivi: a) spesso i cartelli, tipo quelli dei lavori in corso,
sono prestampati (dal ... al) poiché in maggioranza i numeri iniziano con
consonante (due, tre, quattro, ecc.); b) eliminando una / e l’apostrofo la
dicitura appare più evidente; quindi, come per tanti cartelli pubblicitari,
ma solo in quelle occasioni, l’errore (tra virgolette) è accettabile. |
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euri |
La moneta comune euro in it. non
è
declinabile, come già
rilevato dall’Accademia
della Crusca, in quanto si tratta di voce internazionale; però,
essendo maschile, qualche scrivente la declina al pl. come da esempio; più
corretto però
il plurale gli euro, cento euro, ecc. |
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libricino
o libriccino |
Diminutivo di libro, sembra più corretto scrivere libriccino; ma
il diminutivo di corpo è corpicino, quindi senza il raddoppio
della c, e così lume (lumicino) e morto
(morticino); perché allora
libriccino? Spesso il raddoppio deriva dall’area geografica o dai parlanti.
Lo Zingarelli riporta ambedue le forme: 1. libriccino, diminutivo
vezzeggiativo di libro stampato; 2. libricino, solo vezzeggiativo.
Comunque gran parte dei vocabolari registra soltanto la grafia libriccino. |
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‘per
garantire a mia madre e io il benessere’
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Frase di un noto attore, certamente non corretta. Vediamo perché.
Intanto c’è
un’ellissi
della preposizione a, il che non
è
sbagliato, perciò
la frase completa sarebbe
‘per
garantire a mia madre e a io il benessere’.
Quel che
è
scorretto
è
l’uso
di io in un caso obliquo: io va usato come soggetto, perciò
la frase corretta
è
‘per
garantire a mia madre e [a] me il benessere’.
Di conseguenza nei casi obliqui si deve usare me; es. di me, per me, con
me, da me. |
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pò
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Si
tratta di apocope (caduta di sillaba finale) di poco avverbio, e di
regola l’apostrofo andrebbe messo per segnalare la caduta della sillaba (co);
tuttavia A. Leone si chiede perché po’ va con l’apostrofo mentre piè
(apocope di piede) va con l’accento? L. Serianni ritiene che si
potrebbe scrivere semplicemente po non potendosi confondere con Po
fiume; dizionari come il Sandron e il De Cesari lo ritengono errore; ad ogni
modo conviene scrivere po’ che è tra l’altro la forma più ricorrente
(verificabile anche nel computer tramite il controllo ortografico). |
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qualcun’altro
| L’articolo maschile uno davanti a parola che inizia per vocale va
troncato (un) e non apostrofato, di conseguenza anche i composti con
uno (qualcuno, alcuno, nessuno, ecc.) non richiedono l’apostrofo; meglio
quindi qualcun altro. |
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senonché
o sennonché | Questa
congiunzione è univerbazione di se non che; poiché spesso accade il
raddoppiamento fonosintattico sull’esempio di se no che diventa sennò,
di regola si dovrebbe scrivere sennonché, infatti alcuni grammatici
ritengono erronea la forma senonché: tuttavia recenti dizionari
registrano ambedue le forme. Lo scrittore Dino Buzzati usa sovente la grafia
senonché: si tenga presente che Buzzati era anche giornalista, e pare che
tale grafia sia preferita dai giornalisti. |
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