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Prefazione a
Il Portale
di Laura Pierdicchi

i dati del libro

Pino Bonanno
La dilatazione e il transito del tempo

Dopo “l’incommensurabile immersione interiore” della raccolta “Oltre”, la poeta veneziana Laura Pierdicchi ci ha fatto aspettare circa quattro anni per farci “emergere” dal ritmo profondo delle emozioni, dal fascino pulsante senza tempo, dal resoconto memoriale di una assenza per riprendere a respirare l’orizzonte di luce che si apre sempre dopo il “tormento”, la tempesta dentro la vita. Tale “emersione” avviene nello spazio che ci conduce verso l’attraversamento di nuove conoscenze/illuminazioni che saldano lo smarrimento con la rinascita silenziosa. Ci prende per mano, posizionandoci in un nuovo punto di partenza, nel “Portale” che incoraggi esplorazioni, non solo di rigide strutture di parole più mature e riflessive.

La nuova raccolta poetica è un “Portale” fatto di curiosità e di ricerche verbali di ampia apertura verso una versificazione più asciutta, con calibrate impennate emotive e altrettanti misurati scoramenti che eludono la monotonia della melodia fissa in doppie quartine che alternano terzine, novenari, decasillabi e versi ipermetri, ipometri, caratterizzando il tutto in una raffinata scelta dell’anisosillabismo come struttura anche mentale per una sorta di pacificazione con se stessa, che la conduca fuori dalle fragilità vissute nella tragicità della vita. Ma, proprio per il lungo e intelligente percorso poetico effettuato, dall’esordio della silloge “A noi che siamo”, per giungere fino a “Oltre”, la raccolta “Portale” assume un significato emozionale e simbolico del tutto “nuovo”, ricordando molto i versi “La mente archivia ogni momento / che rivive nello spazio di un ricordo…” (di Mai più lieve del 1987).

Trentaquattro anni di decantati “sentimenti del tempo” per riprendere a vivere in empatia profonda con la propria coscienza, con i ritmi impietosi del tempo. E per questo è necessario, intanto, dare significato multiplo al titolo della raccolta “Portale”, andando alla fonte etimologica del termine: deriva dal latino portare con lo stesso significato di oggi, composto da por- = "condurre oltre" + tare = "azione". Quindi, incamminarsi perseguendo un obiettivo che porti oltre e altrove intimamente. Simbolicamente richiama molto il “torii” della cultura shintoista il quale è la porta con la funzione di ricordarci che in quel punto stiamo passando dal mondo terreno a quello divino, cioè, serve a separare il mondo sacro, divino, dal mondo impuro, dei viventi. Nel mondo shintoista il concetto di purezza e impurità è molto importante, infatti, prima di accedere a un santuario è necessario fare abluzioni in modo da purificarsi. Tale simbologia la troviamo enormemente coinvolgente nel “torii di Miyajima (fuori Hiroshima) il quale è immerso completamente nell’acqua del mare e le maree lo portano ad essere immerso ed emerso un paio di volte al giorno.

Nella poesia della suddetta raccolta della Pierdicchi è forte l’idea dell’immersione e dell’emersione per dare senso al tempo, alla memoria, al mistero della vita. Mentre con “Oltre” il verso diretto, evocativo, scava non per scoprire e significare spazi senza confini, senza limiti, nella nuova raccolta, l’intento di Laura è di farci entrare “nella luce dal portale del mistero in giochi d’ombra per imparare i contorni di ciò che ci circonda nella densa nuova materia avvolti dal caldo umidore degli abbracci vibranti d’amore”. […] “Nel riflesso del niente a poco a poco prende forma il silenzio che grava sulle gocce di sangue lasciate sui passi remoti. Inizia un altrove che trama un tessuto leggero e spunta un respiro più lento in occhi aperti al nuovo mistero in attesa che il portale riporti una luce intravvista lontano”. E in tutta la raccolta, questa ricerca della luce e lo svelamento del mistero divengono cardini per aprire il senso e il nesso delle poesie. Comunque si legga, è una poesia d’amore, un amore oasi dove potersi rifugiare e riflettere nel deserto quotidiano dei sentimenti e dell’anima.

Ora non ho bisogno / di attraversare il deserto / in cerca di una goccia / che interrompa la mia sete. / Ho creato un’oasi / che rimpiazza l’arsura. / Lì ricostruisco / poco a poco la mia corteccia / senza interrompere / il percorso a ritroso / dove ogni scena vissuta / ora incide / senza spargere sangue”.

Parla d’amore in senso universale, e va in profondità perché ne è tutta pervasa. Esplora con intensità senza sottrarsi all’eco dei ricordi, immergendosi negli abissi della coscienza, negli aspetti più intimi e problematici, talora angoscianti, tal altra magici, del sentimento e delle passioni interiori, motori del mondo, canto modulato, elegiaca nostalgia delle cose vissute con teneri affetti, ma anche una memoria tragica di donna, improvvisamente alla deriva, amore fatto di gridi e sussurri, di luci e ombre, di sacrifici e rinunce, di voci che si fanno canto o grido, il tutto senza infingimenti, scandagliando e denudando la propria anima fin nei recessi più nascosti, seguendo il corso dei ricordi e del mistero: “Nessuno sa. / Il velo che ci divide / ti ha lasciato passare / e mi chiami / con segnali concreti. / Nel fitto silenzio un suono / un rumore un accendersi / insolito – un vibrare… / e ti sento”.

D’altra parte, se il senso del mistero si riflette su tutta la sua esperienza poetica, ciò accade perché prima ne ha permeato la vita intera, e Laura non può non misurarsi continuamente con esso, perennemente: Il mistero c’è, è in lei come in noi. E non frappone alcuna resistenza per viverlo con trasparente adesione. E ha imparato a vivere a contatto con esso, senza per questo dimenticare la dimensione autentica della sua realtà: “Nessuno / è stato creato / in un certo momento - / tutto esiste da sempre / senza tempo / in un eterno presente”.

Il mistero, dunque, è necessario punto di partenza per dar senso anche alla sua scrittura.

Memoria e ricordi che fanno male, perché impongono di affacciarsi sull’uscio della coscienza, vivendo le emozioni di chi è stato costretto a intraprendere un viaggio “imprevisto”. Senza preparazione alcuna. Un viaggio che diviene confessione, ma anche catarsi.

L’anelito alla vita però ritorna con maggiore abbandono, in un alternarsi di smarrimenti e invocazioni, in una grammatica emotiva che chiede solo salvezza e rinascita per un’esistenza che è sempre fatta di allitterazioni e metafore allusive. La sua invocazione repressa, infine, irretisce l’Io dilaniato, che spesso subisce il silenzio e lo invoca, spaventata dalla paura dell’assenza/presenza che la devasta e la blocca nell’ascoltarsi fino in fondo: […] “nella stanza sento / figure trascorrere / un tempo passato / in simultanea / giocano con i miei pensieri / e smuovono esperienze vissute. / Io tra di loro / sono l’unica vera presenza / in questa camera / dove la solitudine danza / tra realtà e illusione”.

Con fatica, ma pacata riflessione, Laura percorre l’esistenza difficile da capire e interpretare, ma cerca con fermezza una verità (e forse la trova in una luce internamente lontana), una guarigione perché, lontano dal respiro che vive nel suo profondo, viene meno anche l’illusione di esistenza e si ritrova ancora invisibile e trasparente.

Continua ad affidare alla vita la sua rosa e le sue cicatrici, mettendo da parte la maschera che indossa, nell’inedita ammissione che: […] “Siamo creature costituite / da una sostanza concreta / ma nello studiare la struttura / tutto scompare. Al telescopio / il nostro corpo / diviene un cosmo sconosciuto”.

In molta parte delle precedenti sue poesie, l'esistenza, la resistenza all’illusione sono sentite come un impegno assurdo, che condanna irrimediabilmente la speranza, spesso perdente. Oggi, in “Portale” appare un’illuminazione che trascende amarezze, tormenti, dolore e diventa forte voce di “rinascita” o consapevolezza che la vita debba essere accettata anche attraverso la sua durezza e che c’è una speranza superiore a cui affidarsi, anche se non ancora rivelata. La poesia di “Portale”, attraverso l’illuminazione che induce, aspira a dar voce a conflitti eterni, al mistero, a ricercare certezze ed approdi: sentire il tempo, l'effimero in relazione con l'eterno, la tensione esistenziale, il doloroso cammino per superare la dimensione terrestre e dare lenimento alla propria sofferenza.

Soprattutto, non dimenticando che la sua poesia trova forma osservando il corso del tempo e della vita in tutti i sommovimenti che ci penetrano, osservandoli nel lento mutamento della coscienza e delle stagioni interiori. Quasi tutte le poesie prima di “Oltre”, Laura le vive afferrando la natura quando è immersa in una sorta di estasi, al sole o alla penombra degli affetti: in “Portale” avviene una mutazione strisciante nella pienezza implacabile del trascendente o nella attesa che avvenga, fra attesa e speranza, per dar conto alla propria fralezza. Più che in altre raccolte in queste ultime poesie v'è la donna, la poeta che rivendica la riconquista della propria libertà, poiché respinge con forza l’idea dell'espiazione d'una oscura colpa, riaffermando il sorgere la presenza d'un sogno d'innocenza, quella di un altrove che grazia e riscatta, che imprime la coscienza d’una ritrovata necessità di non dimenticare, ma anche di vivere le memorie attraverso le gioie che hanno donato.

Il sentimento della precarietà della propria condizione, implica anche la costante tragicità dolorosa della vita che è creazione e distruzione, vita e morte. A questo punto, che cosa poteva divenire la sua poesia se non la ricerca incessante e mai approdata a soluzione definitiva che non includesse il problema della speranza trascendentale, l’illuminazione di un nuovo spazio interiore più rassicurante ? E' comunque indubbio che Laura Pierdicchi, lungo tutto l'arco della sua esperienza poetica, ha sempre meditato sui problemi dell'uomo e del suo rapporto con l'eterno, come sul problema dell'effimero e sul problema del trascendente, che è per definizione mistero e metafisicità, ed è quindi normale che l’esito di “Portale” fosse anche un approdo nella quieta profondità: “ Un alito di vento / smuove i semi sotterrati / in attesa di una possibile fioritura / per formare l’elemento trapelato / scatenante il nuovo principio. / Nell’intrigo di vene / le nuove radici / si stendono piano – impercettibili / prolificano / e si proiettano sicure / verso uno spiraglio di luce”. E' facile, allora, cogliere il senso della sua ricerca, di un'àncora di salvezza, nel canto delle sue parole. Laura, con coraggio, affronta i suoi demoni, accetta con dolore i suoi traumi, si scopre, però, più umana che mai, utilizzando il mezzo poetico in funzione anche di terapia, in modo da permettere a noi di accedere agli interstizi più segreti del suo viatico umano. E’ un’intellettuale colta e certamente conosce bene la lezione di Schopenhauer il quale tracciò un argine alla sofferenza attraverso quelle che lui definisce “le vie di liberazione dal dolore”, divise in tre momenti: l’esperienza estetica o l'arte, l’esperienza morale e l’esperienza ascetica. Il filosofo sosteneva l’importanza di percorrere queste vie per superare una condizione umana che rischia altrimenti di portare ad arrendersi alla frustrazione. L'esperienza estetica permette di elevare l'essere umano al di sopra del dolore, è una forma libera, idealista, contemplativa. Il filosofo la considerava tuttavia un conforto fugace: l'unico capace di poter prosperare grazie all'arte e liberarsi a pieno dal dolore è infatti l'artista, che è naturalmente predisposto a quest’esperienza grazie alle sue doti riflessive.

Una volta conosciute queste tre “vie di liberazione dal dolore”, la Laura personalizza in modo del tutto singolare e ben caratterizza la sua voce poetica nell’ambito del sistema poetico letterario italiano e se anche volessimo considerarla una voce “fuori dal coro”, è in grado di stupire sempre con metrica, ritmo e forme retoriche. Le parole dei suoi testi non rimangono imprigionate dalle variabili strutture del verso, ma liberano adeguata forza linguistica, lasciano ai margini della realtà testuale il flusso continuo dell’immaginazione.

I ritmi, le capacità evocative, le timbrature verbali e le aggettivazioni sono complemento di una struttura poetica complessa che crea un movimento letterale non casuale, minimamente interpretativo. Ed è il suo modo pacatamente ricercato per dare la sua versione sulle dinamiche espressive che servono meglio a capire i significati della vita.

I ricordi s’intrecciano al presente, le sofferenze di ieri e di oggi, indagate spietatamente e senza falsi pudori, diventano solida base su cui costruire la speranza di una grande fucina interiore. E quindi, la sua poesia si fa tramite per rielaborare la vita e trarne nuova fecondità e sostegno.

Gennaio 2021

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