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Oltre
Queste
liriche s’inalberano nella tensione verso un “oltre”, appunto, quale limite da
trascendere, “siepe” di leopardiana memoria “che da tanta parte / dell’ultimo
orizzonte il guardo esclude.” L’estrema frontiera da valicare è l’implacabile
irrevocabilità della morte che ha strappato alla poetessa il suo amato, il
pittore Franco Rossetto. L’unica dimensione in cui possa proiettarsi ormai la
propria aspirazione è l’altrove della trasfigurazione poetica: “Pescare
nell’eterno / gli attimi di luce / disporli sull’albero dei passi / come tante
candeline / riaccendere il tragitto / della nostra comunione.” Così, s’insegue
il miraggio ardente della passione amorosa nello sterminato deserto dei giorni
che sembrano essere stati inghiottiti nel risucchio di un non tempo, i
cui evanescenti riverberi e ombre vaghe che balenano in “uno specchio magico”
sono gli unici pretesti esistenziali cui aggrapparsi: “Il tempo e lo spazio /
sono una fitta trama / ove creare la scia / del nostro presente. / La nostra
illusione. / Oltre il soffio / l’attimo è contemporaneo – eterno / solo la nuova
Forma vaga / separata da noi / da uno specchio magico.” Il sodalizio affettivo,
ma anche spirituale e artistico con lo sposo si perpetua in queste pagine,
intervallate dai suoi disegni che prolungano la complementarità delle due anime
e coronano l’efficacia icastica della fusione dei due linguaggi espressivi
attraverso la plasticità dell’immagine: “Con te il mio essere / era pienezza –
parte integrante / del tuo procedere. / Nella trasparenza inconsapevole / le
radici intrecciate / erano evoluzione – luce il pensiero / nel graduale
incedere.” Inoltre, gli echi del grido di pianto dell’autrice vengono scanditi
dalla penetrante lucidità dei versi di Emily Dickinson come da una pioggia
battente che faccia da sottofondo ad un assordante silenzio: “La morte ha uno
specifico potere / per l’uomo che muore – e il suo amico - / Oltre a questi,
nessuno se ne cura - / a eccezione di Dio - / Di questi due, chi ricorda più a
lungo / è certo Dio - / l’amico è tutt’uno – e dunque / anch’egli dissolto in
Dio -.”
Si è
prodigiosamente protesi in questa iperbole poetica che sorvola l’amarezza del
lutto nella danza di fuoco di un sentimento mai estinto che avvolge questi
bianchi fogli: “Una volta bruciavamo / di una forza stupenda. / Prigionieri
felici / eravamo figli eletti del cielo. / Un diluvio ha spento la fiamma.”;
“Nell’eterno presente / sono la pagina del giorno / scritta con sangue caldo. /
La realtà scorre nel tempo / e nello spazio /di una scena provvisoria. / È il
segno concreto / impasto di materia e pulsioni. / È illusione – una prova /
necessaria alla coscienza / per la vera Realtà. / Si comprende solo / dopo il
soffio d’addio.” Si ripercorre con nostalgico struggimento l’età d’oro della
felice stagione amorosa: “Monotonia di una sera / che mi trova coperta d’autunno
/ eppure, ricordi? / era nostro ogni secondo / di quel lontano tempo / e
il destino astrazione. / Non sapevamo / che era il tempo della fiaba. / Ormai /
sei fragile visione / Abito d’aria / della mia illusione.” Ora la sofferenza
attanaglia come una terribile morsa: “Calpesto le distanze / senza il tuo
braccio a sostenermi / senza il timbro amato / ad accendermi il pensiero / sono
automa dalla pelle viva / un buco nel cuore / un pugno allo stomaco / un grido
lacerante / una cascata di pianto.”
Si spazia
dall’alba al tramonto di questa splendida vicissitudine amorosa, dalla scintilla
del primevo albore – nell’epifania dell’incontro che ha inciso per sempre la sua
esistenza - fino a sfociare nel rogo dello splendore eterno : “Eravamo
sconosciuti / quando incontrai il tuo occhio / fisso sul mio / nel consueto bus
giornaliero / Non ero ancora maggiorenne / ma già ti attendevo / per un vuoto da
colmare / Sceso alla mia fermata / mi hai fermato / e per mezzo secolo / sei
stato lo scopo del risveglio.”
Laura
Pierdicchi si affaccia timidamente sulla soglia del proprio dolore per tuffarsi
negli abissi di luce in cui l’amore si dilata come un magma incandescente (lo
stesso che incendia l’immagine di copertina del marito pittore) ed esplode nel
cromatismo acceso e intenso della pienezza di vita, del pathos
travolgente del tramonto: “Eri il mio sole / dai raggi avvolgenti /
dai raggi abbaglianti / un sole / che mai tramontava.”
Scrive
acutamente nella prefazione il critico letterario Sandro Gros-Pietro: “La poesia
di Laura Pierdicchi tocca la lirica d’amore della donna rivolta all’uomo amato
con la febbrile e onesta emozione che hanno saputo usare, nei tempi della
contemporaneità, alcune tra le migliori poetesse italiane, come Alda Merini e
Antonia Pozzi, per poi arrivare fino a Liana De Luca, Bianca Maria Frabotta,
Jolanda Insana, Patrizia Cavalli, Antonelli Anedda e Valeria Rossella. C’è in
questo libro, scritto con mirabile compostezza nei giorni più crudi del dolore,
l’icona perfetta dell’amore della donna per l’uomo eletto come unico compagno e
bene impagabile: il compito solenne della resistenza e della testimonianza in
quella dimensione di non tempo che sempre si rinnova uguale a se stessa.”
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Recensione |
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