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Il portale

E’ difficile parlare con distacco di un’amica, di una sorella, come reciprocamente, ma all’insaputa l’una dall’altra, ci siamo scritte nelle dediche dei nostri libri apparsi alla luce quasi in una fatale contemporaneità. Lei dopo quasi cinque anni di silenzio dall’ultima pubblicazione, perché il lutto per la morte di Franco era una ferita ancora troppo aperta. Io dopo circa trent’anni di rifiuto a pubblicare i miei pensieri per un insieme di lutti reali e metaforici che la vita mi aveva, all’improvviso, dato. Due modi totalmente di diversi di scrivere poesia.

Ricordo la presentazione dell’ultima raccolta di Laura "Oltre" presentata all’interno di una mostra retrospettiva della pittura del suo amato Franco. Due mondi che si mostravano agli altri nello stesso tempo e nello stesso luogo, ma diversi nei linguaggi usati. Per Franco l’immagine pittorica, per Laura la parola. Così era stato costantemente fin dall’inizio della loro bella storia. Una storia che solo la morte aveva cercato inutilmente di interrompere. Due mondi non contrapposti, ma complementari che nell’incontrarsi avevano saputo fondersi in armonia, grazie all’amore quel sentimento che rendeva completamente l’idea della loro comunione. Non a confronto, ma in una fusione umana che nel tempo era diventata anche per entrambi continua ricerca espressiva e comunicativa, il cui risultato, in quell’occasione, veniva presentato alla platea presente che rapita partecipava. Anche in quel momento, se ne stava defilata, come sempre del resto, secondo la sua natura che ai gesti eclatanti, preferisce il silenzio, ornato da qualche sorriso. Emozionata dal ricordo e dal dolore di chi non c’era più. Emozionante per la sua umiltà, per quella ritrosia che la connotava ed esprimeva spontaneamente in ogni occasione: un passo indietro rispetto al Maestro. Quel passo che però esprimeva rispetto, amore, riconoscenza, dedizione, non sottomissione. Un gesto continuo d’amore verso l’uomo che le era stato compagno.

Emozionante per quel suo modo di scrivere poesia. Per quel linguaggio che negli anni aveva tenacemente perseguito e raggiunto. Un linguaggio sintetico, essenziale, senza sbavature, senza orpelli che potessero distrarre dall’essenza di un pensiero profondo, colto. Alla fine dell’incontro, l’annuncio che non avrebbe scritto più. Non mi aspettavo la rinuncia a ciò che per tanti anni era stata la sua quotidiana passione, il suo modo prediletto per mettersi in rapporto con il mondo. La morte non chiede a chi resta di rinunciare alla vita. Anzi gli chiede di vivere, di continuare perché nell’amore, nel ricordo, anche chi non c’è più possa continuare a vivere nel tempo dell’altro. Quelle parole pronunciate tremando, non erano accettabili per me, né per chiunque la conoscesse davvero. Bisognava però rispettare la sua volontà. Accomiatandomi da lei, in un commosso abbraccio, le ho sussurrato che non doveva, che non poteva farlo. I talenti che Dio ha dato all’uomo, non sono mai frutto del caso, ma servono per dare al mondo strumenti in più per progredire lungo la strada della verità. Per chi li possiede diventano occasione di comprensione, di scoperta, di rinascita dopo il dolore, occasione anche di conforto. Cinque anni di silenzio, di afasia, come se non fosse più capace di trovare le parole per dirsi, per dire.

Ricordo la sera di un anno fa, quando tornando da teatro, nel nostro consueto chiacchierare di musica e di poesia, mi ha detto, schernendosi: "Maria Luigia sto tentando di scrivere ancora! " "Ma come tentando? Proprio tu che di libri ne hai scritti già tanti?" Non andai oltre, avevo capito. Oggi quel tentativo è diventato realtà.

Già il titolo importante, imponente, aulico ci dà l’idea di una scelta sofferta, quasi sacra che nel susseguirsi delle pagine ci porta lungo la strada che lei stessa ha tracciato per tentare di uscire dal bozzolo in cui si era chiusa. Una strada lastricata di dolore, di solitudine, di rimpianto. Non una porta qualsiasi, quindi, ma qualcosa di più maestoso che nell’immediato esprime l’idea di ciò che racchiude gelosamente. Un diaframma apribile secondo il suo volere per mettere in comunicazione il mondo esterno e la grandezza dell’universo interiore. Un portale che finalmente si è aperto per lei e per noi, perché ancora una volta Laura ci chiama come lettori per vivere assieme a lei un processo di evoluzione, di mutazione avvolto nel mistero di ciò che è grande e non ancora esplorato del tutto. Oltre la barriera del portale aperto ecco infatti apparire il mondo complesso, ricco, profondo, sacro del suo io dove memoria, nostalgia, rimpianto, fede, desiderio di comprensione si coniugano e si fondono sapientemente con la cultura, la conoscenza, con la saggezza di chi è poeta, di chi possiede l’arte della creatività ed è quindi capace di interrogarsi e di rispondersi sui perché della vita, della morte e degli accadimenti di cui è stato protagonista primo. Il poeta che, come nel suo caso, continua ancora nella ricerca ulteriore di una chiave espressiva che miri all’essenza del "Verbum", della parola poetica, per dire l’immensità di quel tutto che l’anima possiede. La raccolta ci invita a metterci accanto a lei per partecipare emotivamente ad un processo di purificazione dolorosa, ma indispensabile per ritrovare l’essenza della vita. Non ci sono distrazioni in questo percorso che volutamente esclude qualsiasi altro elemento poetico che potrebbe distoglierci dal suo svelarsi, non ci sono immagini eclatanti, non ci sono colori, non ci sono figure retoriche, rarissime anche le metafore. Si procede attraverso pronunce che spesso suonano come laceranti affermazioni, quelle che solamente chi ha vissuto fino in fondo il dolore di vivere, di soffrire, di confrontarsi con il mistero della morte, può fare.

Ora non ho bisogno di attraversare il deserto / in cerca di una goccia / che interrompa la mia sete. / Ho creato un’oasi / che rimpiazza l’arsura… pag 27

Passato, presente e futuro si intrecciano, si fondono, si allontanano per ricomporsi ancora in un continuum di flash, di fotogrammi dove il passato si mostra quasi fosse un sogno che permette di comprendere che pure essendo sempre gli stessi, siamo sempre costretti a mutare per affrontare ciò che la vita ci offre nel presente e potrà offrirci domani. E’ quindi ancora quel filo rosso del tempo già presente nella raccolta Oltre che ci accompagna nell’eterna evoluzione che è la vita dell’uomo, in modo particolare nella vita di chi nel mondo è poeta e vive profondamente immerso nei sentimenti contrapposti della gioia e del dolore che obbligano ad espansioni e a dolorose cadute. Ma nella poesia di Laura è ancora una volta l’amore per Franco il protagonista indiscusso. Quell’amore che l’ha forgiata nel tempo e che ora nel presente si muta in ricordi per riuscire a dare corpo al già vissuto facendolo vibrare nel silenzio e rendendolo percepibile anche dai nostri sensi.

L’amore che in questa raccolta si fa parola affermativa, indiscutibile, vera, per mostrarsi a noi. Il verso " e ti sento". della poesia a pagina 21 rende concreta anche a noi la presenza di chi a quell’amore ha dato corpo e forma. E permane oltre il tempo della vita. Anzi risponde al bisogno di chi continuamente, sfidando la morte, lo chiama, lo invoca, lo desidera, a maggior ragione di chi continua ad amarlo e possiede capacità sensoriali ed evocative tali da cogliere i piccoli segni, le minime vibrazioni, i giochi di luce e di ombra che produce. Segni visibili a lei e a chi si mette nella sua stessa lunghezza d’onda per coglierli attraverso le sue parole. L’obiettivo è giungere oltre, approdare al di là della barriera della morte per vedere la luce fievole che sta in fondo, quella luce che permette il ricongiungimento con l’amato. Una speranza che si fa tangibile, visibile, percepibile in una dimensione superiore al tempo perché tutto esiste da sempre / senza tempo / in un eterno presente. pag 29. L’eternità garantisce anche ciò che umanamente è impossibile. Il cammino non è facile, mille pericoli rendono difficoltoso procedere "fulmini squarciano il cielo / in questa notte di tempesta… Il riposo non ha spazio / e le pietre del mio vuoto / sbattono tra loro.

Fulmini e tempesta sono i tormenti del dubbio che attanaglia sempre l’anima perché nessuno ha la certezza di cosa ci sia oltre l’ultimo respiro. quando attoniti vagheremo / tra l’abbaglio e l’oscuro / con il pesante fardello / di una vita da espiare. Pag 33 Il non sapere crea anche paura. L’ignoto allora è come un tarlo che rode ogni tentativo di avvicinarsi alla luce. Noi non sappiamo cosa siamo e quando cerchiamo di indagare a fondo / il nostro corpo / diviene un cosmo sconosciuto. E’ la triste realtà dell’uomo, obbligato a cercare sempre la verità oltre l’apparenza, consapevole che ogni suo sforzo sarà come puntare lo sguardo verso un orizzonte che si allontana sempre più perché ogni sua ricerca sarà immancabilmente un inizio per la ricerca successiva, senza mai trovare la fine. Oltre i limiti della vita non è possibile andare. Eppure la percezione che la VERITA’ stia proprio oltre la morte ci spinge a proseguire. Non è un cammino facile, i dubbi, la coscienza dei limiti umani diventano barriere insormontabili. La nostra speranza potrebbe essere solo un inganno, un’illusione. E’ logica quindi la domanda che ci poniamo costantemente "Dopo l’ultimo respiro, le aspettative mai appagate su questa terra, potranno trovare compimento? Come? Nessuno ha la risposta certa. Solo la morte lo è. La morte che è il vero limite del vivente, per questo siamo chiamati mortali. Questo è il destino tragico di tutti gli esseri su questa terra. Forse per un attimo di pietà o forse per un immenso disegno di egoismo, la natura ha dato ai viventi la possibilità di generare altri esseri simili a loro in una rotazione continua di vita e di morte. Si possiede solo il breve arco di tempo dato in sorte, misurabile però paradossalmente nell’istante della fine. Soltanto l’uomo, in una mera illusione di potenza, sogna di essere eterno pur se consapevole che comincia a morire già dal primo istante di vita. Vita e morte altro non sono che i due attimi fondamentali del suo tempo, strettamente correlati tra loro al punto da prendere significato l’uno dall’altro. Eppure la morte non è veramente la fine per tutto e per tutti. Per chi crede in Dio è solo l’attimo del transito verso un mondo promesso che solo dopo la morte si rivelerà. Nessuno ne è sicuro, ma per non disperare, il credente crede e lo professa sempre. Per questo ci nutriamo di speranze, per questo ci abbandoniamo alla di-sperazione quando per qualche motivo la speranza crolla. Per questo ci alimentiamo di fede. La fede, ciò che dà sostanza alle cose non parventi, ha scritto un grande filosofo dell’antichità. La fede è il dono che Dio ha dato all’uomo per non disperare. La pianta, il fiore non hanno fede, ma sanno che devono morire per ritornare a vivere. Sanno che i semi dei loro frutti immersi nelle zolle torneranno piante e fiori sulla terra per altri frutti e altri semi. Non importa dove li porterà il vento. Sanno che il loro destino è rinascere.

Chi non crede nell’aldilà, allora si affida alle regole della natura, a quella legge del "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, che garantisce comunque un ritorno. Nessuno sa come, quando, dove. Ma la speranza di un ritorno sostiene la fatica di vivere. Qualcuno è entrato… / Qualcuno tra me e te… / Qualcuno ha divelto il tetto / ha lasciato libere le ali / di andare nel mistero… Questa è la speranza che sostiene l’umanità. La paura di finire si fa speranza di un dopo luminoso, che trasforma il silenzio del presente in un abbraccio caldo e accogliente anche se i segni dell’assenza sono come frasi che frastuonano. Nel grigio ogni tanto la luce si rischiara.

Ed è proprio nella continua ricerca della luce che Laura ha trovato ancora la parola per dirsi. E sono sempre parole d’amore per chi ha dato un senso alla sua vita. L’amore è quel filo che ancora si dipana per lei ora dopo ora. L’amore che ha saputo creare meraviglie, che ha tramutato l’aria pesante in brezza che ristora. L’amore che si fa materia per essere colta dai sensi, che diventa presenza pur nell’assenza, che le dà la forza di pronunciare il suo nome per dare voce al silenzio, per tramutare in luce l’ombra di un vuoto, che permette ancora, al limite dei reciproci orizzonti, quella fusione emozionale e spirituale tra le loro anime, che riesce ad andare oltre il limite della morte. E non è solo ricordo. L’amore per Laura, ha un solo volto, un solo nome.

Tra gli abiti / è rimasto l’odore / a trascinare la mente / alla meraviglia di un tempo / a tramutare / l’aria pesante / in fine brezza marina. / Continuo a parlare / a pronunciare il tuo nome / nella presenza-assenza / necessità / per dare voce al silenzio. / Un modo per dare luce / allo spazio dell’ombra-così  / al limitare del nostro orizzonte / ci penetriamo.

E’ questa la poesia più bella, quella che maggiormente giustifica la fatica di questo nuovo cammino, che dà un senso vero allo scandaglio sistematico della sua anima nel susseguirsi delle pagine, che si rivela nelle sue riflessioni, che ci guida passo dopo passo ad essere compartecipi della sua sofferenza e delle emozioni che ancora continuano vive. Tutto il mondo di Laura sta in questo amore totalizzante. Questa è la fabula vera della raccolta, questa è la verità attorno alla quale ruotano le altre verità universali, tutte funzionali per capire la dimensione di questo sentimento. In questo modo gli accadimenti, gli elementi del mondo, le risposte già date si trasformano in un corollario necessario per comprenderne la forza e la grandezza. Laura, ancora immersa in questo sentimento non riesce a staccarsi, per trovare le altre forme d’amore che pure esistono in questo mondo. Questo è il suo limite di donna. Questa la sua grandezza di poetessa che nell’amore e nel dolore, riesce ad inserire tutti i perché di un’umanità che vaga incredula e confusa in un presente che è sempre più privo di punti di riferimento e di certezze. Lei il suo punto di forza lo ha trovato da tempo ed è l’amore. Verso quell’amore che è ormai trasceso dai limiti terreni tanto da farsi luce, continua i suoi passi. La raccolta si conclude con la speranza di un dopo che premi la fatica. Ed è un’attesa che si nutre però del ricordo dell’attimo primo, quello che per entrambi è stato la scintilla del sentimento umano, ma anche la fonte di ispirazione artistica, momento di nascita e di creativa fusione, quello che ha dato luogo alla loro esistenza. La strada che intraprende quindi riporta all’inizio. Una linea curva chiusa, un cerchio dove ha inserito il tutto della sua anima che si racconta in modo essenziale, perfetto, sempre più profondo. Attendo tra il mio sguardo e il tuo/ -avvolto nell’etereo - / che l’aria rifranga un cenno / arretrato nella storia / dove la scintilla tra me e te / era fuoco d’ispirazione. Mai la materia / ardeva tra le ceneri / di un tocco antico - ma sempre / latente il desiderio / era necessità di un fondersi continuo / tra il tuo volere e il mio.

Con affetto sincero Maria Luigia Chiosi

Mestre, 17 aprile 2021

Recensione
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