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La
silloge dal titolo Intrecci di Laura Pierdicchi edita dai quaderni
letterari "Il Croco", si snoda in due parti. La prima dal titolo "In ricordo" e
la seconda dal titolo "Briciole"; entrambe portano in sé lo stesso filo
conduttore, che l'autrice intesse e vive nel suo quotidiano respiro. Leggendo i
versi intrisi di ricordi, imbevuti di tristezza e nostalgia, si vive insieme
alla Nostra, attimi di sconcerto. Una poesia che si dispiega sui sentieri più
profondi della percezione umana, unita alla fine sensibilità di colei che scrive
alla ricerca di alleggerire il suo animo dal dolore e dalla prigione dei giorni.
Ella non può fare a meno di nutrirsi dei ricordi che inevitabilmente la
conducono nel labirinto della mente, luogo impervio in realtà, che è come il
varco verso il "Baratro". Arriva fino al lettore la descrizione fluente dei
momenti di smarrimento, di paura che abilmente e senza alcuna casualità
l'autrice mescola a quegli attimi vivi di serenità. Ella, pur per brevi spazi,
assapora ancor più fortemente quella libertà quel vivere e quel gioire che
attinge dissetandosi attraverso la penna e la poesia, "lascia la penna al foglio
| e me ne vado".
Nella prima parte della silloge, il lettore entra dalla porta principale dei
sentimenti di Laura, donna nostalgica che mette a nudo la sua anima preda dei
suoi stessi pensieri, in gradi di trasformarsi magistralmente in forma di versi
poetici. E' in essi, in questi versi ai quali preferisce non dare alcun titolo,
che ella trova materia con cui colmare quel vuoto interiore, nel quale resta
solo l'abbandono. Ne scaturiscono versi forti, parole scandite con fredda
rapidità che parlano di "morte", di "passo provvisorio", di "paura costante", di
"Piaga terrena", "fingo di vivere". Parole mescolate solo a tratti da piccoli
sprazzi descrittivi rivolti al mare dove "la barca scivola lenta | in un mare
calmo d'agosto | sotto il sole cocente | la pelle è un brivido caldo". Ma mentre
osserva il mare, di nuovo iricordi tornano a galla "e il suo volto nitido | per
un momento | risale dal fondo". E' così che "la malinconia ha ricamato | una
fitta trama che soffoca ogni possibile fuga | macigno invisibile | mi costringe
inerme".
Nella seconda parte, dal titolo "Briciole", i versi diventano fulminei,
veloci fotografie dell'animo che tenta di librarsi verso il cielo luminoso, di
dissetarsi di un'acqua che lava ferite, "l'acqua sale | muta – non ascolta |
l'acqua mi copre | leggera mi trascina". In questa scia di pensieri alleggeriti
perché "lasciati in sospeso", l'autrice riesce a specchiarsi e riflettersi in un
mondo dove "La felicità | ha molecole rilucenti". "Oggi con la mia parte bambina
| ho varcato la porta del sogno | per l'abbaglio del primo candore". Ma
l'abbaglio, appunto, è breve, dura pochi istanti "si sta spegnendo | per
costanti interventi di buio".
Una poesia faticata, affannata dalla continua ricerca di rinascita, che vuole
"ali di cristallo" da far vibrare in trasparenza, ma fragili ad ogni urto della
vita che si dispiega come su un palcoscenico a più riprese. Scrivendo le proprie
pagine di vita, Laura descrive la sua poltrona bianca, accogliente, "la mia
poltrona ha il fiato dell'ispirazione". E proprio così dice nella prefazione
Angelo Lippo, la poesia della Pierdicchi è ariosa perché è del respiro che ella
si nutre, un respiro che ricerca e che trova nel suo modo di far poesia, anche
se, come ci indica Domenico Defelice, è dominata dalla "sofferenza", che pesa
come il "piombo", "macigno invisibile".
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Recensione |
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