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Transitus
L’immagine in copertina di una donna dall’atteggiamento aggressivo e di un uomo
a lei sottomesso calza a pennello per questo romanzo breve, che ruota attorno
alla rappresentazione di un mondo in cui i ruoli tradizionali sono sovvertiti e
a comandare è il sesso femminile.
La vicenda si svolge in un luogo immaginario, Metropoli, nel quale la vittoria
alle elezioni di Guendalina Sastre, la Grande Genitrice, determina l’instaurarsi
di una società matriarcale. Per gli uomini sembra non esserci più scampo, in
particolare per i meno abbienti, schiavi delle loro consorti che abusano di loro
fisicamente e psicologicamente.
La storia è raccontata dal punto di vista delle vittime per cui sono due
personaggi maschili ad alternarsi come narratori: Val e Peter, amici d’infanzia,
attratti entrambi da Jasmine, che li metterà l’uno contro l’altro, innescando
quei meccanismi di rivalità e competizione che caratterizzano e spesso dividono
l’universo femminile.
Chiara metafora sul potere che corrompe chi lo detiene, “Transitus” è costruito
su degli opposti inconciliabili: città/campagna, donna/uomo, ricchezza/povertà.
Il campagnolo Peter, pur refrattario al matrimonio, crede ciecamente nell’amore
a differenza del cinico Val, che si mantiene come gigolò.
Non mancano i colpi di scena in questo libro originale che, come nel classico
“Le relazioni pericolose”, ci mostra il classico triangolo, nel quale è l’uomo a
essere manipolato, però, dall’astuzia femminile.
L’incubo di una società, nella quale non è consentita la libertà di amare (i gay
sono fucilati) e i tradizionali difetti maschili (aggressività, egoismo,
superficialità) diventano appannaggio delle donne, è scongiurato nell’epilogo
spiazzante dal mito di Transitus, oasi di pace e serenità in cui chi fugge
potrebbe trovare accoglienza.
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Recensione |
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