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Il portale

Ciao, Laura!

Mi stendo sul divano. Apro la busta. Mi sforzo di farlo senza strappi, con leggerezza,

anche per lasciare indenni i quattro francobolli che sul lato destro, in alto, sono rimasti integri, non annullati da alcun timbro postale.

Riemergono antiche memorie, il tuo sorriso lieve, gentile, elegante.

Leggo la lettera che accompagna il volumetto.

Riassaporo la tua stima, l'affetto sincero, le istantanee di una poetica amicizia.

Ritornano in primo piano i tuoi occhiali non tondeggianti che ricordo lievemente bruno-cadmiati.

Respiro, per qualche secondo, calendari e stagioni intrise di scommesse, viaggi cromatici, sipari ricolmi di rossovelluto e non certo di viola manganese.

La copertina mi spiazza.

Eccolo Franco!

Eccoli i magenta e le alizarine coniugarsi in materici fondali (getti vulcanici)

Esuberanze appassionate d'amore per annullare i grigi e le imprevedibili sfumature di antracite?

Riquadri insulari che sembrano dondolare sul farsi di una nuova alba?

Fabulazioni su una spiaggia color bianco-titanio matericamente molecolare?...

Mi fermo. Non apro neppure il risvolto di copertina.

Un click temporale (quanti secondi? un minuto?...) mi riporta ad una delle ultime mostre di Franco (se non ricordo male, allo spazio Bomben di Treviso).

Si accentua il mio tremore alla mia mano di sinistra.

Rileggo il titolo: Il Portale

Come dire: La grande porta, ovvero:

- arcata che ricopre/protegge;

- assetto portante/sporgente che regge/sostiene/ripara;

- premessa necessaria a qualsiasi realtà concreta e/o metaforica.

Struttura, dunque, che in sé contiene e preserva, conserva e tramanda, nasconde e vela/disvela.

Esagero, Laura?

Non ho ancora letto neppure un verso e già in copertina avverto fiati e rimembranze, presenze e simboli esplicitati "sine verba" o coniugazioni retoriche.

* * *

Leggo pag. 5 (avvio della prefazione di Pino, altro complice a me caro di segni verbali ed altre tracce).

Fatico a passare alla pagina successiva.

Colpa del tremore che stranamente dal lato sinistro si è spostato anche al mio indice destro?

Velocizzo la lettura?

No.

Pino, come sempre è bravo ad esplicitare e chiarire.

Preferisco, allora, non avere anticipazioni sul breve viaggio che tu, Laura, mi offrirai.

Rivedrò il pensiero di Pino alla fine - quasi fosse una postfazione.

* * *

Bagno leggermente il ditino (scusa Laura, l'ineleganza gestuale!).... ecco...

pag. 13... Il Portale ( il tuo dichiarato - simbolico - input che indica e re-interpreta gocce di sangue lasciate sui passi remoti... e sottende la possibile ipotesi che il portale riporti una luce intravvista lontano.

Giro pagina: altro dettaglio-segno di Franco.

Eccola la struttura portante del Portale: la pennellata essenziale, il gesto nudo che amplia e racchiude, la rotondeggiante delimitazione dell'ombra e della luce.

A sostegno del movimento circolare sfumate perlacee simbologie e/o rifrangenze segniche a specchio.

Proseguo.

Inizia il tuo monologo/dialogo con i fotogrammi del passato che trasmigrano e riemergono come una pellicola trasparente / che rasenta il sogno...

È vero: il divenire / è il percorso da compiere / ed è sempre diverso / anche se uguale a se stesso.

Oserei dire, cara Laura, che la clessidra del tempo e delle stagioni modificano quotidianità, punti di osservazioni, scansioni e molteplicità.

Del resto, come tu stessa, affermi, Siamo cellule in movimento e lo scivolare del tempo ci fa diversi per impulsi / legati al nostro essere...

In ogni caso, ciò che è entrato / perforando la carne / non è più perduto.

Dimenticanza? Voluta amnesia? Graduale distacco memoriale?

No!

Semmai, come tu stessa ribadisci: Ho creato un'oasi / che rimpiazza l'arsura /... Lì ricostruisco / poco a poco la mia corteccia / senza interrompere / il percorso a ritroso / dove ogni scena vissuta / ora incide / senza spargere sangue /.

Il Portale è allegoricamente delineato.

È affidato al lettore.

Con pudore, possiamo coglierne le figurazioni, le volte e gli archi ove si delineano campiture ed incisioni, echi di chi con il pennello e probabili spatoline ad arco sussurrava stagioni d'amore e di scommessa.

È l'omaggio nascosto, forse segreto, che Laura non esplicita ma indica.

E, dunque, possa essere l'amico di un tempo o l'occasionale viaggiatore a visitare le piccole nicchie o a salire la geometrica scala e risillabare lo spazio ombreggiato nella immagine di pag. 56.

Laura lo ha già fatto e continua a farlo nella stanza della sua quotidianità.

Laura lo confida sottovoce: Guardo il soffitto / dove la luce s'infiltra / con disegni in movimento /... Io tra loro / sono l'unica vera presenza / in questa camera / dove la solitudine danza / tra realtà e illusione.

Continuo ad attraversare le stazioni.

Scivolano nudi ed essenziali versi/appunti che - nucleo dopo nucleo - frammentarizzano e contemporaneamente ricompongono una sorta di petit poeme en prose che, pur preservando intensi effetti emotivi, non cede ad alcun "ismo" o turbamento pseudo-lirico.

In tal senso, l'aggettivazione è quanto mai essenziale, le figurazioni retoriche lineari e sequenziali, le pausazioni affidate a microvuoti tra un verso e l'altro.

A pagina 60 provo un lieve turbamento.

La memoria di Laura diventa corpo olfattivo (Tra gli abiti / è rimasto l'odore / a trascinare la mente / alla meraviglia di un tempo...), quasi un ineludibile ripercorso tattile (Continuo a parlare / a pronunciare il tuo nome /....).

Non nascondo, Laura, una inattesa commozione nello stupore che esplode nel climax dei due versi finali (al limitare del nostro orizzonte / ci penetriamo).

Proseguo.

L'andante ritmico tende a ricomporsi in sfrangiature tattili sempre più tangibili.

Il dissidio e le antitesi tra la fisicità del reale e lo strappo memoriale si intersecano e pungono. Mancanza e vocativi si coniugano e feriscono. Silenzio e grido incidono. Diventano echi. Alternanze di stupori antichi dove mi inoltro come Alice / tra meraviglie di scene. / Tornano abbracci / risate speranze paesaggi / fiumi di parole / che all'improvviso / ritornano polvere /.

Il breve viaggio si conclude.

L'epilogo e, in particolare gli ultimi tre versi (o respiri?) racchiudono e rinnovano una sorta di clessidra senza tempo e calendario: ...il desiderio / era necessità di un fondersi continuo / tra il tuo volere e il mio.

Non solo nostalgia, dunque, ma necessaria compensazione del tempo perduto, inventario di un’altra notte insonne, musica distante che rimorde: come chi intravede fotografie e una frazione di tempo in bianco e nero che illude la realtà implacabile manipolata nella camera oscura dell’anima: risonanze e luce in una gamma di grigi, nei suoi neri più fondi, nei suoi primi piani più nitidi, nei suoi sfuocati campi lunghi ...

Come dire, un verso di/verso. Una summa.

Sommità di Zenit e Nadir.

Ovvero, l'innocente, straordinaria immutabilità della complicità d'amore.

Grazie, Laura!

7/8 Marz0 2022

Recensione
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