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Voci tra le pieghe dei passi

Poesia come dramma lirico a più voci. Nella piena maturità artistica, Laura Pierdicchi ripercorre i tempi del suo percorso esistenziale, riflesso della vicenda umana e storica, sulle ali della poesia, nell’humus irrinunciabile della sua Venezia, tra canali, campielli, calle, gondolieri, partecipi delle “intermittenze del cuore”.

Tre tempi sottolineati da voci diverse, che disegnano la realtà molteplice e contraddittoria, in un viaggio onirico tra il tempo e l’eterno, tra finito e infinito. Nei primi anni, ogni attimo è conoscenza. “…Ogni risveglio / era sorriso aperto alla dolcezza - /il primo abbraccio materno.” E’ il tempo dell’infanzia, il momento della meraviglia e dello stupore. La famiglia è un focolare sempre acceso. Il passaggio ad un ciclo diverso è prossimo. Il corpo è involucro di cellule in evoluzione, la metamorfosi è continua. Nel secondo tempo, scompaiono voce materna e paterna, tra la voce descrittiva e la voce concettuale, si inserisce la voce femminile, enigmatica, percorsa da ansia morale, alter ego dell’autrice. In ogni piega dei passi, la morte tende agguati, serpeggiano amore e dolore. Se l’amore svanisce, “Il vuoto avanza / con rintronante silenzio”…”Venezia è intristita”.

Nel terzo tempo, si aggiunge alle altre “la voce sociale”. Il passato è irrevocabilmente perduto, la porta del sogno è sbarrata, si moltiplicano le zone d’ombra.

“Il senso di quest’ultima vita/morte / si sposa al non senso dell’essere”. La parola in Laura Pierdicchi è luce improvvisa, che illumina il mistero del vivere e del penare, in un susseguirsi di immagini e vibrazioni liriche, che traducono la tensione dell’io. La poesia, in sintonia con i classici, esprime la nostalgia di un’armonia perduta, che conciliava la conflittualità del cosmo e gli impulsi contrastanti dell’animo.

Recensione
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