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Il Portale

Non è facile recensire un libro come “Il Portale” di Laura Pierdicchi perché, pur essendo classificato come “Poesie” (così in copertina), quanto a contenuto è un testo di filosofia. Ogni poesia è un enunciato che tocca fisica e metafisica, una riflessione sul mondo dei valori e su quello dell’esistenza, una tesi sui tanti aspetti della realtà della nostra vita.

A pagina 29 si legge “Nessuno / è stato creato / in un certo momento / tutto esiste da sempre / senza tempo / in un eterno presente”. Qui si tocca il tema della creazione dell’universo e quindi anche dell’uomo. Delle due teorie, quella dell’universo evolutivo (iniziato con il Big-Bang) e quella dell’universo o stato stazionario (esistito da sempre) l’Autrice sembra prediligere la seconda con la conseguente visione circolare del tempo-spazio, dove, come nel cerchio, non c’è un punto d’inizio e uno di fine, in quell’eterno presente del quale hanno parlato per primi gli Stoici e successivamente Nietzsche, Kierkegaard e i fisici quantistici. In quel cerchio Pierdicchi afferma che “niente /succede per caso / nella continuità / del nostro trascorrere” opinando una teologia del macrocosmo “a noi incomprensibile” ma certamente corrispondente ad un disegno di Dio, riferendosi al quale Einstein afferma che (Dio) “non si diverte a giocare a dadi con l’universo”.

Sempre in quel cerchio cosmico noi “indifesi ci offriamo / a ciò che rappresenta / il nulla / o il Tutto”. Questi versi suonano come un ossimoro, ma solo in apparenza perché le parole nulla e Tutto sono collegate dalla congiunzione o, che ha valore disgiuntivo, cioè rappresenta un’alternativa fra due possibilità, due ipotesi. Da non trascurare anche le due diverse iniziali: minuscola per il sostantivo nulla, maiuscola per il sostantivo Tutto. Qui chiaramente tra le due ipotesi quella destinata ad affermarsi è il Tutto. Kant, infatti, rifacendosi ad Aristotele, affermava “Qualcosa deve esistere; il nulla è impossibile”. Per il cristiano il Tutto è Gesù che, nel Vangelo secondo Tommaso (apocrifo), in prima persona afferma “Io sono la Luce. Io sono il Tutto”. Quando a pagina 73 la nostra Poetessa ritorna sul concetto di nulla “Tutto si disperde nel nulla / da dove è iniziato / e dove andrà a finire”, ella trasferisce il suo punto di osservazione dal macrocosmo (universo) al microcosmo (Terra e umanità), andando a ricordare, con i versi “che all’improvviso / ritornano in polvere”, il gesto sacro dell’imposizione delle ceneri, con il quale si ricorda all’uomo che “cenere fosti e cenere ritornerai”.

Alle pagine 23, 52 e 58 Laura Pierdicchi distingue la memoria come atto del ricordare (“un ritmo che… confluisce / nell’oceano della memoria”) dalla memoria come conservazione del sentire. La prima può fallire, sovrastata spesso dall’oblio (Molto del nostro procedere / si deposita nell’oblio”), la seconda rimane dentro di noi per sempre e va ad arricchire i nostri sentimenti (“il vero sentire non scade - / ciò che è entrato / perforando la carne / non è più perduto”).

Un altro importante tema, sempre attuale, presente ne “Il Portale”, è la dualità del nostro essere, l’antinomia dell’essere e dell’apparire. Al giorno d’oggi si dà primaria importanza all’apparire. Ognuno si sforza di dare di sé la migliore immagine possibile, anche se questa non corrisponde alla nostra vera personalità. E allora veramente l’abito non fa il monaco. Voglio riportare per intero la poesia che tratta l’argomento: “Il primo atto della nostra scena / dà spazio alla finzione / ognuno si cela / dietro il proprio costume / gli interscambi sono recite d’autore / nessuno svela il segreto / della dualità che ci compone”. In questi versi aleggia il dramma teatrale di Pirandello “Il giuoco delle parti”. Ognuno indossa un costume e recita la sua parte, quella che gli aggrada e che lo fa essere migliore o più importante di quello che è. Si viene a creare in noi una doppia personalità, una vera, l’altra apparente; la prima ad uso proprio, la seconda ad uso degli altri.

Quelli citati finora sono solo alcuni dei tanti temi contenuti nell’opera.

Io classifico la poesia in due grandi filoni: la poesia del sentire e la poesia del pensare ovvero rispettivamente quella dell’anima e quella dell’animus, direbbero i latini. Quella contenuta ne “Il Portale” è poesia del pensare. La Poetessa esterna il suo pensare attraverso l’immediatezza dell’ispirazione poetica. Le vicende della vita, il mistero cosmico, la compenetrazione con la natura sono raccontati o rappresentati sotto una spinta emotiva, che è quella che rende morbidi, dolci, accattivanti concetti di per sé profondi e non facilmente assimilabili da parte di tutti. La poesia del pensare è anche questo: far accettare senza riserve ciò che sul piano razionale richiede impegno e applicazione. Qui il Portale è proprio la soglia che introduce a quello che chiamiamo mistero dell’esistenza e che ognuno, con la propria riflessione, risolve a suo modo.

Recensione
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