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Oltre
La poesia di Laura Pierdicchi è
al tempo stesso decifrabile ed enigmatica, tessuta com’è sullo scavo interiore
di ricordi che dalla semplice memoria sembrano radicarsi nella profondità
dell’essere e della psiche, in uno svolgersi e riavvolgersi del tempo. In questo
nuovo libro, più diretto e scoperto, l’indagine si indirizza soprattutto in una
direzione, quella tipica del lutto: ad essere “uscito dal tempo” è infatti il
marito, il pittore Franco Rossetto, dieci opere del quale si intervallano ai
testi poetici.
Un libro, come evidenzia Sandro Gros-Pietro nella sua prefazione,
“scritto con mirabile compostezza nei giorni più crudi del dolore”, una
compostezza che comunque è sempre il tratto caratteristico della scrittura di
Laura Pierdicchi. Sicché alle manifestazioni più esplicitamente , e logicamente,
affettuose e amorose e dolenti si intervallano altri testi che sembrano risalire
al senso stesso dell’esistere: incontriamo così notazioni su spazio e realtà,
materia e causa ed effetto, variazioni e potenzialità, energia e mutazione …
Una
riflessione esistenziale e a tratti quasi metafisica, di quella metafisica che
però confina con le intuizioni della fisica contemporanea: “Nella complessità /
dell’abbraccio cosmico / gli atomi vagano // continua ricerca / di aggregarsi /
alla forma assoluta // consci della relativa molteplicità”. Queste intuizioni si
intrecciano a quelle scaturite dalla prova di dolore dovuta alla separazione e
all’assenza: “Si è spento un lume / che porterò alla fine. // Non datemi
carezze. / Solo polvere tra le dita”.
Molte sono le affermazioni di esplicito
amore: l’autrice avrebbe voluto dargli il proprio fiato, fermare il proprio
tempo assieme al suo, si sente “automa dalla pelle viva” costretta ad affrontare
la solitudine, i giorni senza senso né meta, i risvegli. Vorrebbe “riaccendere
il tragitto / della nostra comunione” perché, appunto, “per mezzo secolo / sei
stato lo scopo del risveglio”. “Una volta bruciavamo / di una forza stupenda. //
Prigionieri felici / eravamo figli eletti del cielo”, ora “la sera porta il
colore che mi veste” e non rimane che “polvere – nient’altro che polvere // un
filo di speranza – nient’altro / per credere all’anima / per non impazzire”.
L’anima, appunto, ma non in senso fideistico o religioso: l’autrice giunge a
conclusioni simili rispetto a chi crede, ma per vie differenti: “Oltre il soffio
/ l’attimo è contemporaneo – eterno // solo la nuova Forma vaga // separata da
noi / da uno specchio magico”, afferma, e “l’Assoluto è l’oceano / dove
confluire in comunione / di reciproco comprendere / cosicché il frazionamento /
si unisce al Tutto / in pulsanti vibrazioni”. Ci sarà dunque un “non tempo //
dove ritroveremo in eterno / ogni nostro momento”, tornando ad essere “un suono
all’unisono - /strumento accordato / sulla stessa nota” : dopo che anche la
donna avrà compiuto “il passaggio”, entrambi infatti saranno pura energia. Nella
loro vicenda d’amore “si sono incrociate azioni / e sensazioni che nell’insieme
/ hanno disegnato una storia / indivisibile” : la loro unità era pienezza, “le
radici intrecciate / erano evoluzione- luce il pensiero / nel graduale
incedere”, poiché “ogni esperienza incide – si aggiunge / al pulsante mosaico
della mutazione”.
Davvero tutto questo può essere finito? Fuori dal tempo e
dallo spazio, “il mio sentire e il tuo / sono danza oltre l’apparenza” e,
dunque, torneremo a sentire e danzare. In che modo e che forma (anzi Forma, con
la maiuscola) di preciso ovviamente non lo sappiamo: ma questo libro, con le
armi concesse alla poesia, qualche risposta prova a darla, con una tenacia che
va ben oltre la pura e semplice consolazione.
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Recensione |
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