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Salso delle barene

Forte è in Armando Santinato il sentimento della perdita, la consapevolezza dell'assenza. La sua scrittura riversa sulla pagina lo sconforto di uno sguardo aperto su spazi di "terra desolata", ma nel poeta vibrano corde di memoria, si susseguono onde di speranza e cosi, mentre "neppure / un lume / sbadiglia / sul porto" e si sono spenti "i grandi occhi / là dove cadevano / piogge di stelle", "riprende / la cicala / sotto l'ombrello / di pini / e l'usignolo / canta i salmi del vespro", "Ritorna / l'airone / fra stanche vele" e "l'amore / ricerca l'amore / pure fra campi / di sterpi".

Allora si avverte che "E passato l'uragano" e che la vita si apre alla fede, tende a Dio e Santinato ci porta dall'opprimente orizzonte della realtà, dove dolore si alterna a dolore, miseria a miseria, delusione a delusione, al più largo orizzonte dell'amore che da corporeo diviene spirituale e si proietta nel cielo dell'eterno. Il canto del poeta oscilla fra i poli dell'umano e del divino per cui la voce ora si abbassa ora s'innalza in un incalzante susseguirsi di motivi transitori e di motivi perenni e l'onda marina, cosi presente e viva in ogni insenatura del pensiero poetante, si fa metafora di un percorso di fede che, a volte arenandosi, a volte sollevandosi sul caotico mare dell'esistenza, porta alla luminosa soglia della casa del Signore. Una brezza di religiosità, quindi, aleggia nei versi di Santinato, brezza che spesso diventa vento mistico, ansia di assoluto, raggiunta grazia per riflettersi nell'occhio di Dio.

Sovente, poiché troppo alti sono gli scogli del presente, troppo spessa l'ombra che nega la luce, cresce il sentimento dell'attesa, di "quel messo che porta l'aurora" e ci sorprende la nostalgia delle origini, ci assale una tensione verso quell'oltre che ci fu tolto: "Presto / ritornerò nelle barene / per la raccolta novella del mosto / tornerò per le regate d'agosto / al fischio più lungo delle sirene" e anche noi veniamo coinvolti dal fascino dell'ambiguità del regno di mezzo tra tempo limitato e infinito, tra terra e cielo, ci lasciamo cullare dalla musicalità ampia e melodica della speranza e del sogno, espressi spesso nella compostezza del verso chiuso, o veniamo scossi da un ritmo rapido e impaziente che scandisce it tempo delle cadute e delle perdite, espresso da un verso brevissimo, persino monosillabico.

"E possibile", si chiede Redi Sante Di Pol nella sua perspicace e convincente prefazione, "ricreare le emozioni, i dolori, lo spaesamento, l'angoscia di un uomo che soffre, che si dispera, che prega senza parole, che geme senza lamenti, che urla afono, che si piega, si raggomitola nella rassegnazione umana come novello Giobbe, che spera, che crede, che ama...?" E noi, dopo aver letto Salso delle barene, non possiamo che dare una risposta positiva.

Recensione
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