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E-marginati

E-marginati di Anna Maria Guidi racconta di esistenze ferite capaci, però, di donare e sentire amore, nonostante non intravedano nessun spiraglio di riscatto nel loro presente o futuro. Si tratta spesso di esistenze vissute ai margini della società, invisibili ai più, ritratte nella loro incolore e insignificante realtà quotidiana.

Nei ventotto testi che formano la raccolta, infatti, sono raffigurati alcuni uomini e alcune donne del nostro tempo, che sperimentano l’amarezza della delusione, la sofferenza, l’accanimento della malasorte. Essi rappresentano la metafora di un’umanità varia (con vizi e virtù, pregi e difetti) condannata a vivere in solitudine e nel silenzio, ma che testardamente continua ad affrontare la dura realtà in cui vive, a credere e, a volte, anche a sperare.

Ognuno di questi individui ha un proprio temperamento e delle caratteristiche fisiche e psicologiche proprie. E l’autrice nel sottotitolo delle poesie (racchiuso tra parentesi) mette in evidenza una peculiarità distintiva del personaggio di cui parla.

In “Angiolo”, ad esempio, si incontra un uomo che riflette sulla vita e spera di morire «da solo ‘nseno a i’ bosco | sott’un chercione» che gli caschi di colpo addosso, nella poesia “Arlindo”, invece, un individuo «senza più casa né famiglia né mensa», tenta di afferrare con le mani qualche pesce di fiume «per lenire la fame del cammino | al varco del suo - alfin smaltito - | rio destino». In “Elvira” si incrocia la figura di un’anziana la cui memoria è stata corrosa dall’inesorabile passare del tempo ed ora è immersa nella nebbia dei non ricordi.

In “Ezdir” è il tragico destino del naufrago (e di tutti i naufraghi) a sconquassare e turbare la coscienza del lettore, mentre la composizione “Rina tratteggia le immagini della vita monocolore e priva di affetti stabili di un’anziana donna che «lancia un saluto | in un bacio s-volato | dal palmo della mano».

Nella poesia “Simmetrici sperdimenti” viene a galla tutta l’amarezza della poetessa per lo stato miserevole in cui versa la sua città, Firenze, da lei definita «tecnologico zoo | giardino di cemento» illuminato da «una siepe di solitudini | crucifissa di silenzi». E sono sicuramente solitudini rese ancora più profonde dai “contatti senza tatto” di questa società globalizzata e tecnologica, in cui i rapporti tra le persone diventano sempre più fatiscenti e virtuali.

Anna Maria Guidi grazie alla sua sensibilità riesce a captare l’infinita “solitarietà” degli individui che descrive nei propri versi e a farla percepire anche a chi legge, mentre, con il suo sguardo pungente riesce a rilevare le ingiustizie del mondo e l’indifferenza nei confronti dei più deboli.

La sua particolare scrittura poetica è frutto di un’accurata ricerca, ricca di echi classici, toscanismi, immagini, neologismi, parole divise-unite da trattini o poste tra parentesi. Racchiude contenuti profondi e drammatici che stimolano riflessioni sulla caducità della vita, sul malessere di vivere che può corrodere l’anima anche quando si possiede la fede. Lancia forti messaggi morali e sociali, denuncia la mancanza di valori.

Recensione
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