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Cat Island. Diamonds and Rust

Libro da tavolino viene definita questa raccolta di foto di Alessandro Sarno, in realtà poema che narra la vita nei suoi molteplici aspetti: diamanti e ruggine, come rimando della nota canzone. Vita colta con la macchina fotografica in momenti carichi di emozioni, quelle intrise nei soggetti ripresi, quelle dell’autore che procede nella sua composizione ad alta quota fissando il tutto però nelle pagine in una struttura guidata dal pensiero. Si svolge quindi qui una narrazione che è memoria del luogo, della sua storia, della sua natura, dei suoi abitanti realizzata da un’anima molto attenta, sensibile che fa sentire il tutto come contenitore della sua vita, come spazio della sua anima.

Ma ritorniamo al titolo Cat Island inciso in un amalgama di colori, protagonisti della narrazione, grazie a una luce rara che li genera e li sublima. Il titolo è già intriso di memoria e rievoca terre di approdi inattese, lungo rotte per altri luoghi lontani: terra, scoperta! L’America! E sfumata lontana l’ombra di tre caravelle. Un uomo può ricreare immagini, ma Alessandro subito certifica il fatto storico con la foto di un documento, reperito in una biblioteca di New York, attestante l’arrivo là, nel 1492, di Cristoforo Colombo, nel luogo da lui chiamato San Salvador, poi nel 1926 Cat Island. E questa verità storica fa sentire l’appartenenza a tale evento epocale di tutta Cat Island e dei suoi abitanti che acquistano uno spessore rilevante grazie all’arte fotografica di Sarno testimonianza che diviene memoria storica. Quindi un libro da tavolo, com’ è definito, costruito con sapienza e intelligenza da un giovane esploratore di spazi ritenuti splendidi dagli estimatori per i diamanti lì racchiusi: luoghi di frivolezze, ricchezze nell’immaginario collettivo, ma anche parte viva nella storia, quindi rivalutati nella loro valenza, nella rotta geografico-storica che cambierà il mondo.

Per di più libro-vetrina-verità di Cat Island, correlato di nota introduttiva del primo ministro Philip Edward Davis, della prefazione di Sarno e nota critica dell’editore. Ma ritorniamo al poema, come lo chiamo io, raccolta di vari elementi fissati con la fotografia armoniosamente mixati e sublimati da musiche, video inseriti con tecnologie avanzate che fanno penetrare nell’intimità dell’emozione paesaggistica e umana. Impreziositi inoltre da commenti poetici e dalla testimonianza di Sidney Poitier sul suo vissuto isolano. Io però mi fermo a quello che sento di fronte e dentro alle fotografie.

L’opera fotografica abbraccia il respiro della natura fissato nei paesaggi marini, negli spazi di cielo, in attimi d’eterno. Documenta insieme la vita dell’uomo che attraversa la storia, colto nella fissità di esperienze quotidiane diramate alle sue radici quindi l’immagine di uomini, donne e bambini diventano memoria di vita personale ma anche la ruggine di un intero popolo attraverso visioni dell’habitat, della sofferenza e fatica per vivere come persone. Pure la natura morta ha il sapore quotidiano del frutto che si espande intorno, ma raccoglie in sé l’uno, l’insieme, l’infinito della specie quindi natura morta come sigillo d’eternità. Alita ovunque la sete insaziabile di bellezza, d’infinito che non sazia mai perché c’è sempre un altro angolo di luce o di nuvole vagabonde che si svela e ti parla in un colloquio senza fine nel Conception Island National Park, scrigno di scoperte vergini.

E davvero ogni pagina spaccata dai colori indicibili del cielo e del mare, segnata dall’essenzialità di un tronco, da un volto di un uomo, da un volo, da un’onda rappresenta sempre l’unità, il tutto sospeso tra il reale e il surreale. Immagini uniche sia quelle umane che quelle paesaggistiche colte nell’assemblamento degli elementi, nella loro essenza, nella varietà cromatica degli arcobaleni, dicono memorie di terra, di mare, di vita. Infinito è il messaggio dell’arte che non muore mai perché è anche il vissuto dell’anima di Sarno in un luogo da lui eletto come dimora, un luogo dell’anima (Bahamas) che ognuno di noi ha in spazi diversi cari ugualmente, specchi sempre del proprio sentire, in un nomadismo reale o virtuale che distingue chi ama ascoltare la natura, scoprire l’uomo e conoscere se stesso.

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Recensione
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