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Le donne: l'altra metà del cielo. Per secoli sottomesse, umiliate, incomprese: per secoli, l'uomo, liberato – grazie a loro – dalle incombenze della quotidianità, ha potuto tranquillamente dedicarsi all'agricoltura, ai commerci, all'industria – purtroppo anche alla guerra! –, all'arte, alla narrativa, alla poesia, alla musica...

Per fortuna, oggi, le donne vanno recuperando sempre più spazi di libertà, a volte concessi da un uomo più maturo e consapevole, più spesso attraverso civili battaglie e aiutate nche dalla scienza e dalla tecnologia (si pensi, per esempio, all'aiuto che ha dato alle donne uno strumento come la lavatrice!). Pure, anche nelle condizioni difficili e proibitive del passato, remoto e prossimo, ci sono state donne memorabili. Solo rimanendo nell'ambito del nostro Paese e nel solo breve periodo dall'Unità d'Italia al secondo dopoguerra, ne vengono evidenziate ben 247 dal ministro Prestigiacomo in due volumi curati da Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia: Italiane.

Grazie a Dio, si sta diffondendo, "una normale memorabilità delle donne" e lo provano le migliaia e migliaia di poetesse, pittrici, narratrici, cantanti; le tante donne nella scuola, nella politica (sempre poche!), nella conduzione delle industrie, nel lavoro in genere. Perché si affermi definitivamente la normalità auspicata dalla Prestigiacomo, serve il contributo di tutti, ma anche delle stesse donne, e Laura Pierdicchi lo fa attraverso un volume di racconti tutti al femminile: Il segno dei giorni, dedicato a 12 donne del nostro tempo, eroine, se vogliamo, della quotidianità, perché le storie narrate non hanno nulla di trascendentale, si svolgono tutti i giorni sotto i nostri occhi, anche se noi uomini non diamo loro la giusta attenzione. Leggerle – queste storie – è, allora, come riscoprirle e fissarle – finalmente! – nella nostra coscienza.

Adraiana, Sandra, Paola, Barbara, eccetera, e la stessa protagonista (noi siamo del parere che non ci sia narrato che non abbia anche dell'autobiografia) vivono, in linea di massima, vicende "odinarie" – poco liete, assai nostalgiche o tristi in cui c'è, palese o implicita, la consapevolezza che siamo tutti animali, ominidi fragili, precari – ed è solo l'arte narrativa della Piedicchi a renderle magiche e a farle assurgere a fatti memorabili.

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