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Voci tra le pieghe dei passi

Nell’opera di Laura Pierdicchi il linguaggio è dato acquisito e padroneggiato a tal punto da poter essere declinato in diversi toni. Dalla struttura del libro, diviso per sezioni in “”tempi” come se assistessimo alla visione di un film, alla indicazione delle voci che animano il testo come fossero personaggi di una messa in scena, si evince che siamo di fronte all’artificio volto a superare la propria voce, alla maschera a cui poter affidare la dizione di emozioni altrimenti censurate dal pudore.

L’appartenenza, nel teatro delle emozioni allestito dall’autrice, viene recuperata nella descrizione dei luoghi che, apparentemente inanimi, traspirano della familiarità maturata nell’esperienza e nella frequentazione della Pierdicchi. E proprio sullo sfondo del luogo più sfuggente per definizione – Venezia – la scrittura ha modo di trasfigurare l’emozione in allegria, la descrizione in transito metafisico. Così il pensiero poetante traccia “ombra e luce / a ridestare il sonno / della quieta laguna”; un miracolo rinnovato, “connubio terra / mare”, percorso che l’autrice traccia lungo una città dal fascino imperscrutabile, metafora della propria inquietudine, e della necessità di squarciare silenzi che paiono ineluttabili.

Recensione
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