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Archisema e insieme topos della raccolta di Laura Pierdicchi Momenti diversi è il pensiero che, come enunciato nel titolo, si prospetta da angolature anche opposte, ora in implosione come «silenzio assoluto, gravità», ora in evasione: «è tempo di sentire vedere | capire sapere incontrare». Infatti «ogni attimo è irripetibile», l'emozione va vissuta «tutta e subito», poiché il tempo la vanifica. E le emozioni sono offerte dalle piccole cose di tutti i giorni, dagli oggetti familiari, dagli incontri con una cadenza minimalista di ottima struttura. Le occasioni vengono anche dai ricordi delle persone care scomparse, che continuano ad essere partecipi della vita quotidiana attraverso le pulsioni dell'affetto: «ti penso sempre viva | la tua bella voce | le lunghe telefonate | la poesia – nostro pane».

Dalle dimensioni del passato riemerge l'autrice stessa per essere inglobata nel presente: «guardo indietro – sola nella penombra | della mia stanza tolgo dal peso | ricordi leggeri – quasi solari – | e mi vesto di colore-calore». Come in un gioco di specchi *** che si riflette | sul vetro del cielo | è illusione di forma | nella relatività | di materia e presenza».

Gli «occhi della memoria» riassumono correlativi oggettivi: «ti mostrerò lo specchio che ha raccolto | ogni riga i battiti di ciglia riflesso | il riso il pianto le smorfie più curiose», elenca l'autrice con la gradevole ironia che permea anche altri testi: «se tu riducessi quell'aria tracotante | forse riuscirei a fare un passo | e se anche tu facessi un passo | forse almeno i piedi si troverebbero». Più però è marcato un substrato fiabesco, di intonazione affabulante, negli squarci dell'infanzia, ma anche nelle propsettive dell'attualità: «il cuore è un bambino | gioca e ancora si accende || poi si ferisce – sanguina giura che non lo farà più || come un bambino dimentica | e gioca ancora...».

Nota giustamente Nino Majellaro nella prefazione il rimando a «quella levigata e irraggiungibile eternità del mondo di Emily Dickinson», ma anche la «grafia tipicamente dickinsoniana». Infatti le brevi composizioni della Pierdicchi, mai superiori ai quindici versi, si valgono di punteggiature, trattini, maiuscole, a capo, atipici, acquistando ritmi e significati inusitati. A creare l'incanto proprio della vera poesia è soprattutto la levità delle parole, che – come spiega ella stessa – l'autrice pesca «dal nulla – scendono loro | a mia insaputa | e mi regalano sempre | un attimo di estraneità».

Recensione
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