Lo schiavo ebreo
Il mito della civiltà egizia, che continua ad affascinare le nuove generazioni,
rivive nella saga storica
Il richiamo della
Valle dei Re -
luogo mistico di pace e serenità e simbolo dell’eternità -
ambientata a Tebe durante il regno del Faraone Thutmose.
Il primo libro, “Lo schiavo ebreo”, ricostruisce quel passato lontano alla luce
di una sensibilità moderna tesa a superare le opposizioni - il dissidio tra
ragione e istinto, religione politeistica e monoteistica, senso del dovere e
aspirazione alla giustizia - e a ricomporle in una sintesi armonica.
Questo sentire si riflette anche nell’atteggiamento empatico verso gli animali
(cavalli, serpenti, gatti), trattati con un rispetto che è alla base di ogni
relazione paritaria.
Accurata è la caratterizzazione dei personaggi, anche quelli
secondari come gli schiavi, facilmente corruttibili perché dilaniati da invidie
e rancori che li renderanno complici di una congiura di Palazzo.
Thutmose è un sovrano illuminato e saggio per aver trattato Natan come un essere
umano, risparmiandolo invece di punire il suo atto di ribellione a un sopruso
subito nel cantiere dove vengono costruite quelle opere pubbliche destinate a
perpetuare la memoria della dinastia reale.
Le sue azioni riflettono un elevato senso della giustizia, in nome della quale
ha educato i tre figli, tra cui spicca Iset, donna di carattere abituata a
svolgere mansioni maschili e ad anteporre la logica del cuore a quella di stato.
E se la principessa si sente colpevole agli occhi degli dei egizi di amare un
uomo che non è di sangue reale, Natan sa che il Signore, il Dio d’Abramo, non fa
differenza tra principi e schiavi.
Natan incarna il coraggio di chi è nato libero – è figlio di un commerciante di
cavalli ed è abile nel domare anche i più ribelli – e mal si adatta a una vita
servile. Tuttavia, la gratitudine nei confronti del Faraone che gli ha affidato
la manutenzione della scuderia e degli stalloni lo spingerà a rischiare la
propria vita per proteggere quella di Thutmose, ricevendo in cambio la più alta
ricompensa destinata a un suddito.
Un messaggio altruistico – dare più di quanto si prende seguendo l’esempio di
Natan – caratterizza la vicenda, narrata con un garbo e una semplicità che
rendono piacevole la lettura.
Ed è sorprendente riscontrare, in un libro così profondamente permeato da un
sentimento religioso, come la realizzazione di sé si compia per i protagonisti
attraverso la trasgressione di quelle norme religiose e sociali imposte
dall’alto e assorbite sin dall’infanzia.
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