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Il volune che segue A noi che siamo del 1979 e Neumi del 1983,
con in copertina la riproduzione a colori di un'opera del pittore Franco
Rossetto, è articolato in 67 composizioni, altrettante facce di un "Poliedro"
(il titolo della prima poesia) di "ferite-attriti-perplessità-scontenti (...)
situazioni impreviste...".
Cioè
le presenze, o le assenze, le attese, le angosce, gli inconsapevoli dubbi che si
possono insinuare «oscuro disegno programmato dall'astratto a penetrare il
nostro senso concreto. Malessere che ci trova indifesi». In questa nostra epova,
il rischio di pensare può divenire un'interpretazione di vita, anzi una
ricostruzione per richiamare l'attenzione degli altri in funzione del messaggio.
Le immagini che si affacciano dal Mai più lieve di Laura Pierdicchi di
Mestre, si rivolgono a lei ed anche a noi, le parlano e ci parlano, fissano un
istante, un dato di fatto menzionato per generarne o proporne un altro. Non
"poesia della quotidianità", dunque, sia pur nel senso che l'americano R.
Creeley ha nobilitato come leggo nella prefazione. C'è qualcosa che va al di là
delle "piccole-grandi cose filtrate da una rigorosa e matura selezione di
simboli e tematiche" – sono sempre parole della prefazione, che non dicono
niente – un qualcosa di più profondo che restituisce la dimensione provocatoria
dell'accadimento. Sono pertanto l'opposto della "compensazione della realtà". Il
loro significato sta nella differenza che si apre grazie al rapporto d'un
discorso dai "termini rovesciati", che dona espressione alla vita. Giocando sul
rinvio semantico e anche sulla rappresentazione figurativa della parola,
attraverso brevi rarefazioni del verso e della sequenza verbale, queste poesie
della Pierdicchi si pongono, con caratteri autonomi, come luogo e momento
dell'evento poetico. Lo scorrimento dei versi, a giustezza e caratteri
tipografici anche diversi, infatti, partecipa a una sorta di visione pittorica,
che prevede una dimensione spazio-temporale lungo un'epifania completa, capace
di sintetizzare una "presenza" simile a quella relativa alla dinamica della
realtà.
Le strutture poetiche si misurano in ritmi essenziali, senza effusioni, solo
con una sensibilità cauta e autentica nella scelta dei motivi, che oggettivizza
il segno icastico e insieme arioso. Affiora qualche pretesto allusivo che
privilegia l'impegno ispirativo quasi speculativo e satura le immagini di
espressione.
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Recensione |
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