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Prefazione a
Oltre
di Laura Pierdicchi
la
Scheda del
libro
![](../../img/o/oltre.jpg)
Sandro Gross-Pietro
Il filo rosso che attraversa
questo bel libro in tutto il suo sviluppo è la nozione inafferrabile del tempo
che continuamente è in metamorfosi nella mente del poeta. Si tratta di una
ricostruzione dei fatti e delle emozioni che la mente ha archiviato nella
sequenza cronologica dell’accaduto, ma che il pensiero poetante rielabora
secondo un criterio di estensione e di intreccio tale da trascendere la
linearità delle successioni. È il tentativo della poetessa di “più vedere”,
attraverso il recupero dei ricordi, la piega nascosta dei fatti, il nesso
indecifrabile delle occasioni, la curvatura dell’esperienza verso speciali punti
di luce che si illuminano come epifanie rivelatrici di un intero cammino. Il
binomio del tempo e dello spazio sono le due coordinate che creano il dolce
naufragio leopardiano in un gorgo di infinita ed indefinita nozione
dell’esperienza, come si legge nei versi “Il tempo e lo spazio / sono una fitta
trama / ove creare la scia / del nostro presente. // La nostra illusione. //
Oltre il soffio / l’attimo è contemporaneo – eterno // solo la nuova Forma vaga
// separata da noi / da uno specchio magico.” Così la nozione dell’oltre, che
rappresenta la centralità del discorso poetico, si distanzia dalla visione
metafisica tradizionale della sopra-realtà eterna ed immutabile, per divenire
invece un percorso di congetture collettanee e armoniose sulle identità portanti
dell’esperienza umana. Un discorso umano, profondamente umano: che ammette la
categoria del divino come fosse luogo inafferrabile e misterioso; come fosse lo
specchio magico di un mondo sommerso collocato oltre la superficie del visibile;
come fosse abitato da un Dio che ci appare ancora più insondabile di quello che
crediamo si sia rivelato alla storia dell’umanità. In quell’oltre, che è
raggiungibile solo dalla fantasticheria del poeta, si manifesta la nozione del
non tempo, come leggiamo nei versi “Tutto ciò che si evolve / in successione di
eventi / resta impresso nel deposito / in cui tutto è presente // il non tempo
// dove ritroveremo in eterno / ogni nostro momento”.
L’altro filo rosso che è
dipanato in tutte le pagine del libro è l’amore per il compianto marito, il
pittore Franco Rossetto, nato a Tarvisio, animatore per tanti anni della vita
culturale e artistica della Città, tra l’altro tra i fondatori del Gruppo di
Artisti Veneti, poi confluito nell’acronimo Upf, Unità pittorica e formale. Tra
la poetessa e il pittore, oltre al forte legame affettivo interpersonale, si era
creato anche un sodalizio culturale sfociato in un connubio tra arte e
scrittura, che aveva coinvolto artisti e scrittori di riferimento territoriale.
La cronistoria della dolcissima unione durata cinquant’anni è mirabilmente
riepilogata nei versi perfetti e scabri di un ricordo indelebile, “Eravamo
sconosciuti / quando incontrai il tuo occhio / fisso sul mio / nel consueto bus
giornaliero// Non ero ancora maggiorenne / ma già ti attendevo / per un vuoto da
colmare // Sceso alla mia fermata / mi hai fermato / e per mezzo secolo / sei
stato lo scopo del risveglio”. Similmente si legge come la collaborazione tra
marito e moglie avesse un fondamento culturale e spirituale, oltre che
affettivo, e maturasse attraverso il confronto alacre dei reciproci percorsi di
ricerca e di impegno, anche segnati dalle “cadute rovinose”, in una sorta di
salutare epistemologia degli errori popperiana: “L’esperienza scaturisce / dal
gioco dei percorsi / dai desideri raggiunti / dalle cadute rovinose. // Con te
il mio essere/ era pienezza – parte integrante / del tuo procedere. //Nella
trasparenza inconsapevole / le radici intrecciate /erano evoluzione – luce il
pensiero / nel graduale incedere”. Esattamente nel solco del dialogo
collaborativo tra arte e scrittura, che ha informato con successo la
collaborazione creativa tra Franco e Laura, il libro è contrassegnato da una
corrispondenza istituita tra la parola e l’immagine e ospita una sequenza non
casuale di opere di Rossetto, che si correlano all’atmosfera poetica di
Pierdicchi. L’aspetto del linguaggio poetico assume, dunque, un’importanza
rilevante. In queste poesie, in cui il sentimento della morte e del trapasso è
sempre così presente e marcato, l’elemento autobiografico, che pure parrebbe la
cariatide fondamentale, finisce per sfumare nella più vasta problematica delle
corrispondenze profonde tra i gesti e le intenzioni, tra le parole e i
significati, tra la realtà e la visionarietà, tra l’immagine e le cose. Ne
deriva che Laura Pierdicchi riesce a mettere in campo un io poetico per nulla
invasivo e debordante, in nessun modo autoreferenziale ed egotico, ma piuttosto
propositivo di tematiche che investono l’universalità dei fenomeni e delle
persone. A questo risultato la poetessa perviene attraverso la selezione attenta
di un linguaggio poetico agganciato all’oggettività nuda e scabra delle cose,
alle forme pure dell’espressione, al racconto corsivo ed essenziale degli
elementi fondanti, a un esercizio di purezza delle linee descrittive e
denotative del discorso, sempre alluso per lievi appoggi, per fatate analogie,
per segnature nettamente cifrate. La poesia di Laura Pierdicchi tocca la lirica
d’amore della donna rivolta all’uomo amato con la febbrile e onesta emozione che
hanno saputo usare, nei tempi della contemporaneità, alcune tra le migliori
poetesse italiane, come Alda Merini e Antonia Pozzi, per poi arrivare fino a
Liana DeLuca, Bianca Maria Frabotta, Jolanda Insana, PatriziaCavalli, Antonella
Anedda e Valeria Rossella. C’è in questo libro, scritto con mirabile compostezza
nei giorni più crudi del dolore, l’icona perfetta dell’amore della donna per
l’uomo eletto come unico compagno e bene impagabile: il compito solenne della
resistenza e della testimonianza in quella dimensione di non tempo che sempre si
rinnova uguale a se stessa.
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