| |
Un trittico di
novelle, quello di Michela Torcellan, che utilizza il sesso come filo conduttore
di intrecci e storie che gridano il desiderio di amori morbosi e problematici
nella cornice di una Padova bigotta e parruccona. Vicende di cronaca nera,
adulterio e love-story tonacale costruiscono un libro impeccabile e pregevole.
L’autrice sceglie la narrazione in prima persona, per certi versi più diretta,
calandosi di volta in volta nei panni dei suoi personaggi narranti; riferisce
non solo i dettagli delle singole vicende, ma anche le emozioni legate alla
bellezza di Padova, dei suoi palazzi, la poesia dei “cubetti di porfido” e
“degli alberi che sprofondano nelle antiche pietre”. E lo fa optando per uno
stile giornalistico immediato, ora camuffata da vecchio cronista di nera, ora da
ex sessantottina e, infine, da parroco innamorato, disseminando qua e là squarci
padovani di ieri e oggi.
La Torcellan descrive
una società che non riesce ad accettare le scelte controcorrente e deve
assolutamente smascherare il proibito (“l’antica legge dei mondi chiusi”) e
l’attaccamento ad amori diversi, cristallizzati ed estremi, come per esempio
quello incestuoso del “Caso Carlevaris”. La vicenda si riallaccia ai retroscena
torbidi di certe famiglie borghesi baronali, che ricordano inevitabilmente la
famiglia Murri. Ottimo il mantenimento della suspense, dosato il climax.
L’intento – riuscito –
dell’autrice è dimostrare come in qualunque parte o momento del mondo anche uno
dei giochi più semplici, la lippa, che può essere chiamato in centinaia di modi
diversi, rimane sempre lo stesso per tutti i bambini, sfondo di una memoria da
cui si dipana, qui, la storia di Fiorella, la più forte di tutte, la più
combattiva, alla fine intrappolata nella Casbah delle sue eroiche imprese col
compagno in galera. I punti di vista cambiano con l’età: così i temerari di ieri
si rivelano all’occhio maturo di oggi solo fragili pedine di un sistema che li
ha inghiottiti, soggiogandoli a un volere che forse non era il loro.
Mantenersi dunque
saldi e salvare la parte buona di se stessi, per “sentirsi onorati di costruire
lo scandalo”. Così chiosa l’autrice di questo acuto e sagace libro di racconti,
che lascia il lettore con la voglia di rileggerla al più presto.
| |
|
Recensione |
|