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Il viale dei Gatti Perduti

Dolciumi e Croma stavano giocando allegramente con le farfalle in giardino. Il cielo era di un azzurro intenso senza nuvole. All'interno della casa Ruth cucinava assieme alle vecchie amiche; aveva già occupato quasi l'intero tavolo della sala da pranzo.

–  Non capisco perché continui a riempirti di gatti e gli permetti di restare in cucina. Guarda come ti hanno ridotto la casa . . . – brontolò la più anziana del gruppo indicando il divano graffiato. Neanche le altre vedevano di buon occhio la presenza di animali in casa ma finsero di non sentire.

– Eli e Sir sono nati nel gelso qua sotto, non stanno facendo nulla di male – ribatté Ruth indicando i gemelli immobili che le osservavano sul davanzale dietro la tenda.–  Sono loro che hanno scelto me. I miei rossi ...

–  Rossi ... a me sembrano rosa. Risero tutte.

–  Vabbè, non sono scuri ma sempre rossi sono. Piuttosto tra poco saranno qui gli altri, incominciamo a sfornare i dolci. Si davano da fare come nella cucina di un Grand Hotel.

La parola "altri" aveva suscitato gran nervosismo. Una brocca sfuggì di mano frantumandosi in mille pezzi. I gemelli balzarono sul tavolo come due saette fiondandosi in giardino sfuggendo anche alla vista di Ruth e raggiunsero le due compagne, intente a catturare un maggiolino. Dolciumi lo stava puntando da tempo mentre Croma controllava, pronta ad intervenire se l'amica avesse fallito.

–  Cosa fate? –  chiese Sir salito sul tufo dell'aiuola.

– Zitto, stiamo per prenderlo . .. – mormorò Dolciumi alzando il mento per seguire il tragitto del coleottero.

Eli rimase a debita distanza sotto il glicine.

D'un tratto un boato sinistro percorse la valle sovrastando ogni rumore. Croma avvertì la terra muoversi sotto i polpastrelli. Sir gnaulò tremante:

–  Le case si muovono ...

Dolciumi afferrò con la bocca il coleottero fiondandosi verso l'orto, gli altri tre dietro a lei. Si nascosero nel cespuglio della salvia. Un altro boato che sembrava il nitrito di un cavallo azzoppato raggelò i loro cuori.

–  Cosa sta succedendo? –  mugolò Eli coi lucciconi.

Il cielo si era oscurato e un vento rabbioso, pieno di detriti, iniziò a soffiare da ovest aggiungendo ruggiti sinistri a quel suono stridente che proveniva dalla terra. Gli occhi inorriditi di Dolciumi disorientarono anche Croma che non l'aveva mai vista così impaurita prima di allora. Voglio la mamma, attaccò Eli disperato, mamma ... mamma ... mauuu ...

–  Gattini, qui dentro, presto!

Il gelso allungò un ramo per proteggerli dai calcinacci e offrì rifugio nel suo tronco. I miei galopparono fulminei in fila indiana dietro a Dolciumi, che scese per prima nella voragine. Furono subito avvolti da un benefico e silenzioso tepore. Croma scrutava le pareti legnose, inalò a pieni polmoni quell'odore verde di corteccia e radici umide; notò l'assenza di ragnatele e formiche. Dolciumi tese le orecchie in cerca di qualche suono familiare. Sir ed Eli si addormentarono all'istante, uno attaccato all'altro. Le due gatte si scambiarono un'occhiata al buio, poi si avvicinarono ai gemelli e dormirono anche loro senza interruzione fino al mattino seguente.

° ° °

–  Un po' di cibo, portate un po' di salmone al mio splendido amico!

–  Eminenza, lo faremo più tardi.

–  Adesso, voglio vedere che mangi e sia sazio!

–  Eminenza dovete riposare ... State tranquillo, gli porteremo qualcosa più tardi.

–  No subito ! Non mi muovo da qui finché non avrete saziato il micio!

Nunzio Vobis si avvicinò alla sottana del papa gattolico e si fece prendere in braccio; nessuno sapeva la sua età, ma era noto che ogni volta che c'era stata una fumata bianca lui era apparso in quei giardini a salutare l'eletto. Era un gatto completamente bianco con gli occhi grigi. Miagolava assai poco e tutti credevano fosse sordo, mentre le sue orecchie captavano ancora vibrazioni a chilometri di distanza.

–  Piccolo caro, sincero amico, piccipù, piccipù, piccipiccipì, piccipù . ..

Il cibo arrivò poco dopo, salmone di prima qualità in una ciotola d'argento.

Sentendo odore di pesce, Eli e Sir si arrampicarono in alto e sbirciarono attenti a non farsi vedere. La sagoma di Nunzio Vobis rifulgeva come un diamante al sole, avvolta da un alone scintillante; le sue mascelle masticavano lente senza fare rumore. Il papà lo guardava estasiato e gli fece compagnia finché non ebbe finito. Poi se ne andò scortato da due guardie.

–  Vi stavo aspettando –  disse Nunzio pacato senza nemmeno voltarsi, pulendosi i baffi con le zampe.

I gemelli rimasero immobili senza respirare.

–  Credete che non vi abbia visto?

–  Come fa a vederci se non ci guarda? –  chiese Sir. Nunzio scoppiò a ridere.

–  Sei impertinente gattino.

–  Ma io. ..

Nunzio si voltò di scatto e gli puntò i suoi occhi di ghiaccio.

–  Dovresti sapere che ci sono tanti modi di vedere.

Per la paura Eli, nascosto dietro al gemello, perse l'equilibrio e cadde dall'albero sulle violette sottostanti. Nunzio gli si avvicinò solenne e gli appoggiò la zampa sinistra sulla testa.

– La prego, micién, non mi faccia del male. Tremava come una foglia.

– Hai forse un gemello?

– Più sì che no micién. balbettò.

Intanto Dolciumi e Croma scesero all'albero .

– Dove siamo? –  chiese Croma guardandosi intorno. Nunzio zampettò galante davanti alle gattine spaesate.

–  Nel giardino gattolico di Amor Felis. Dolciumi inarcò il sopracciglio sinistro.

–  E come ci saremmo arrivate se il gelso che ci ha ospitato sta nel nostro giardino?

–  Veramente siete scese dal Castagno Magister, l'albero più antico del giardino.

Sir con fatica aveva raggiunto il fratello.

–  Comunque se siete qui certamente è per un motivo ben preciso –  disse Nunzio invitando tutti a seguirlo. – E può darsi, miciélle che quel meraviglioso fermaglio che adorna il suo delizioso orecchio destro c'entri qualcosa.

Dolciumi si tastò l'orecchio.

–  Quale fermaglio?

Croma scrutò la testa della sorella per controllare.

–  Adesso ce l'avete a sinistra, miciélle Dolciumi –  ridacchiò qualcuno dalla fontana poco distante.

–  Vi presento Lev Gadol, maestro d'arte e magia nonché primo sorvegliante di questo giardino, che per l'appunto stavo aspettando.

Lev era uno splendido Maine Coon con pelliccia rosso mattone e occhi ambrati. Dolciumi incontrò maliziosa quello sguardo e vi vide riflessa la sagoma della sua testa, col maggiolino che aveva catturato il giorno prima sull'orecchio. Fulminea afferrò l'insetto.

– Micién Nunzio per fermaglio intendevate questo?

Il coleottero emanava una luce giallo– verde.

–  Copritelo subito, miciélle! –  la riprese Lev avvicinandosi. –  È uno scarabeo lucicattero, dovete trattarlo con molta attenzione.

Dicendolo si avvicinò e appoggiò i polpastrelli su quelli di lei per coprire l'insetto. La luce del sole si smorzò. Dolciumi e Lev sfavillarono come lampi d'aurora boreale, il cui riverbero disegnò una cupola fosforescente che conteneva sotto di essa anche Nunzio, Croma e i gemelli. Rimasero tutti ammutoliti a contemplare le scintille che brillavano nel buio.

–  Il lucicattero provoca affascinanti suggestioni e accompagna sempre nel posto giusto –  spiegò Lev Gadol fissando gli occhi azzurri di Dolciumi. –  Se siete giunti fin qui ci sarà un motivo. Come posso aiutarvi?

Dolciumi abbassò il mento, soffocando la maestosa gorgiera bianca.

–  Il mio cuore è afflitto, Lev Gadol. Quando dovrò incamminarmi sul Viale dei Gatti Perduti, so che la mia nutrice non reggerà.

Nunzio Vobis si avvicinò.

–  Ho questo cruccio da molto tempo...

–  Anch'io –  aggiunse Croma malinconica appoggiandosi a Dolciumi.

Lev ritirò la zampa e il cielo s'illuminò di nuovo. La cetonia ritornò sull'orecchio di Dolciumi.

–  Continua.

–  Prima di allora . .. O se potessi incontrare gatto Ariel, che mi ha preceduto, e consultarmi con lui!

– La nostra nutrice piange ancora per lui, ogni notte –  spiegò Croma. – Quando sto sopra di lei sento il suo cuore trafitto.

Lev guardò Nunzio, che parlò al posto suo.

–  Un'impresa non da poco. Il lucicattero ti ha condotta qui perché esiste un solo scarabeo al mondo in grado di condurre nel Viale dei Gatti Perduti, il lucicattero rosso del papa gattolico.

–  Tu sai dove si trova? –  chiese Lev.

–  Sì, ma non posso dirlo.

–  Ci puoi accompagnare?

–  Volentieri, ma ricordatevi di stare zitti quando lo vedrete. Vi indicherò dov'è, però non bisogna nominarlo. Quindi –  si rivolse ai gemelli –  niente esclamazioni di meraviglia per nessun motivo. Quel lucicattero ha un nome che non va mai pronunciato.

– Se non conosco il nome come posso pronunciarlo? –  chiese Eli.

– Non ve lo posso spiegare, perciò ricordatevi di stare sempre zitti. Vale anche voi due miciélles.

–  Staremo zitti – lo rassicurò Dolciumi.

Nunzio Vobis s'incamminò sotto le aiuole verso il palazzo del papa e tutti lo seguirono. A pochi passi dall'entrata deviò verso un cornicione esterno che permetteva di raggiungere indisturbati l'appartamento papale. La finestra era aperta. Entrarono in fila indiana. Videro il pontefice seduto al pianoforte. Aveva appena messo sul leggio uno spartito. Come iniziò a suonare Nunzio fece cenno a Lev di seguirlo e agli altri di aspettare. Si dileguarono sotto la coda del piano. Nunzio indicò la mensola segreta. Lev si arrampicò sulla gamba dello strumento e con la zampa sinistra iniziò a rovistare. Non appena trovò qualcosa, l'afferrò con gli artigli e scese delicatamente evitando ogni minima vibrazione. Nunzio la esaminò e, dopo aver annuito, ritornò con Lev dal gruppo, rimasto immobile sotto il davanzale ad ascoltare Bach.

–  Seguitemi –  mormorò.

Battendo di nuovo il cornicione proseguì dalla parte opposta all'entrata, saltò su una quercia, poi nelle aiuole e li condusse alla gloriette orientale dell'immenso giardino.

–  Adesso, miei cari, ascoltate Lev –  disse Nunzio facendosi da parte.

Controluce la sagoma del Maine Coon sembrò gigantesca.

–  Dolciumi, ho qui ciò che ti permetterà di percorrere il Viale dei Gatti Perduti. Prendi il tuo lucicattero. Al mio via tu, Croma e i gemelli rimarrete vicini senza staccarvi.

Eli e Sir abbracciarono le code intrecciate di Dolciumi e Croma, sembravano un grande gomitolo di pelliccia tutti e quattro così appiccicati.

–  Ora appoggia lo scarabeo verde sulla mia zampa. Finalmente videro il lucicattero dal nome impronunciabile. Brillava come una pepita di rame incandescente. Quando i due scarabei furono vicini si alzò una nebbia rossastra che offuscò la luce solare. Tutto appariva sfocato tanto che furono costretti a chiudere le palpebre per qualche secondo. Iniziarono a sentire effluvi di glicine, salvia e rosmarino aleggiare sempre più intensi. Quando riaprirono gli occhi apparve davanti a loro il Viale deserto.

– Dolciumi – le sussurrò Lev –  prosegui diritta.

–  Tu non vieni con noi? –  chiese Eli sporgendosi dietro di lei.

– No, vi aspetto qui.

Le due gatte avanzarono in punta dei piedi come due ballerine. Il contrasto delle loro pellicce, bianca e nera, sembravano i voile di un soffice tutù sul quale rimbalzavano due macchiette arancioni.

– A cosa stai pensando? –  chiese Croma.

–  Guarda quanti gatti rossi. Come faremo a riconoscere Ariel?

– Chiamiamolo.

Dolciumi sorrise.

–  Davvero non ci avevo pensato dopo tutte le raccomandazioni sullo stare zitte.

Ariel, iniziarono a miagolare tutti e quattro, Ariel, Ariel. Sul Viale camminavano indifferenti vicino a loro gatti pressoché trasparenti, ma quando il nome raggiunse l'interessato, questi si voltò e zampettò verso di loro.

–  Chi siete?

Dolciumi riconobbe qualcosa di familiare nella sua espressione.

–  Ciao Ariel, noi siamo i tuoi successori in casa di Ruth. Ariel udendo quel nome si commosse e singhiozzò:

–  Mamma Ruth . ..

–  Siamo qui perché la mamma soffre ancora tanto per te. Non c'è giorno che non ti pensi. Non riusciamo a immaginare cosa potrebbe succederle quando saremo costrette a lasciarla anche noi due.

Ariel, ripresosi, le analizzò con occhio clinico.

–  Sembrate in ottima salute vedendovi così. Non avete nulla da temere.

–  Sì invece –  rimarcò Croma. –  Ruth è sempre triste, anche se tenta di mascherarlo, ed è molto preoccupata di perderci.

–  Siamo venute qui per chiederti cosa pensi che potrebbe alleviare la sua sofferenza –  spiegò Dolciumi.

–  E i gattini chi sono? –  chiese Ariel strofinando il suo tartufo su quello dei gemelli.

–  Ruth li ha trovati nel gelso una mattina. Ariel sorrise.

–  Ce li ho messi io quando ho scoperto di avere nipoti da quelle parti.

I gemelli andarono vicino ad Ariel e sentirono il loro stesso odore.

–  Capisco la ragione del vostro viaggio. Avete trovato il lucicattero verde che vi ha condotto nei giardini di Amor Felis.

–  Ariel, perché non torni a casa con noi? –  chiesero in coro i gemelli.

–  Sapete che questo non è possibile...

– Perché no? – incalzò Sir.–  Questa sarebbe la sorpresa più bella per la mamma!

–  Hai ragione –  sorrise Croma.

Nel frattempo Ariel si era materializzato e la pelliccia aveva adesso lo stesso colore dei capelli di Ruth.

–  Lev Gadol potrebbe aiutarci, come ha già fatto –  disse Dolciumi. –  Vieni con noi, andiamo a chiederglielo. La mamma ha ancora bisogno di te.

Ariel accettò la proposta.

Quando videro Lev, Dolciumi gli corse incontro spiegandogli la situazione. Anche Nunzio ascoltò.

–  In teoria il ritorno di micién Ariel dal Viale dei Gatti Perduti è possibile, perché il lucicattero rosso permette l'ingresso ma non impedisce l'uscita. Poi c'è anche il tuo lucicattero verde, che vi ha portati qui...

–  I lucicatteri si potenziano in coppia –  precisò Nunzio.

Il gruppo aveva raggiunto la soglia del Viale ed entrambi i gatti di Amor Felis s'inchinarono davanti al nuovo venuto. .

–  Il lucicattero verde esalta il rosso. Non oso pensare quali prodigi sarebbe in grado di operare un lucicattero blu avvicinato al rosso oppure ad entrambi. Peccato non averne uno...

–  Sono tanto rari? –  chiese Dolciumi.

–  Li ho visti solo sui trattati.

– La mamma ne ha uno nel pianoforte! –  esclamò Croma.

–  Sei sicura? È assai facile confondere il blu col turchese.

–  Se quello è turchese, io sono bianca, Lev Gadol! – rispose seccata Croma, gelosa degli sguardi che il mago si stava scambiando con Dolciumi.

–  E dove sarebbe questo scarabeo blu? Non l'ho mai visto a casa nostra.

–  Tu, mia cara, non sei mai stata una volta con la mamma quando suona! Sono l'unica a cui permette di riposare nella stanza della musica, perché non tocco e mastico tutto come voi!

–  Suvvia, miciélle Croma, non fate così –  disse Nunzio con tono pacato, –  un lucicattero blu sarebbe una fortuna per tutti.

–  Nostra madre era concertista. Io mi chiamo Croma perché sono nera e stavo sempre con lei come le crome contenute nelle sue battute musicali. Un giorno mi lasciò dormire nella stanza del pianoforte, rimasto aperto, ed io salii sulla piastra per vedere com'era fatto dentro. Mi accorsi che sotto gli anelli di ghisa c'era qualcosa, così infilai la zampa nel foro dell'arpa e mi ritrovai uno di quegli affari colorati tra le unghie. Mi colpì il suo colore, blu metallico. Lo riposi dove stava, pensando fosse parte dello strumento. La mamma non ha più aperto il pianoforte da allora perciò credo che sia rimasto lì.

–  I lucicatteri si nascondono quasi sempre nei pianoforti e non amano cambiare strumento –  commentò Lev. –  Micién Ariel, prima di uscire dal Viale appoggiate delicatamente la vostra zampa sinistra sopra la mia.

Aveva i due scarabei rosso e verde sui polpastrelli. Ariel ubbidì. La fitta nebbia rossastra inghiottì il Viale mentre una cupola di luce verde accolse anche lui nel giardino di Amor Felis.

–  Non perdiamo tempo –  incalzò Lev. –  Ritorniamo al Castagno Magister.

Affrettarono il passo e in men che non si dica si ritrovarono sotto la sua chioma secolare.

– Salite, presto. Nunzio anche tu. Entrate nella cavità più alta della corteccia. Eli, Sir fate attenzione a non cadere...

Lev si arrampicò per ultimo.

° ° °

Cos'è stato? Ruth si svegliò di soprassalto. Scese a controllare la stanza da dove era arrivato quel tonfo imperioso. Aprì le luci. Sembrava tutto tranquillo. Controllò in giro e accarezzò la foto di Ariel sul pianoforte. Controllò anche altrove. Quando ritornò a letto sentì una vibrazione inimitabile vicino all'orecchio, poi un tartufo freddo e umido che tamburellava sulla sua guancia e svariati pesetti ronfanti che gravavano sopra di lei. Sentì una gioia incommensurabile, mai provata, quasi dolorosa, pervaderla dappertutto. Accese la luce. Dolciumi, Croma, Eli e Sir la fissavano adoranti e Ariel era tornato.

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