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Opera prima di Marilena Genovese, Storie
da raccontare è una raccolta di tredici novelle attraverso le quali l’autrice
s’immerge nelle tematiche che più attanagliano la cronaca contemporanea:
insegnati hard, rapporti saffici, incidenti automobilistici, badanti,
gelosie malsane, veline e maternità sfruttate dal business, indipendenze
difficili, rassegnazioni alla vecchiaia e solitudini. “Sentieri distanti e
complessi” della vita, in cui a perdonare è la figlia; ad abbandonare la vita
agiata da docente universitario è un padre distrutto dalla perdita del figlio.
L’autrice crea brevi squarci di realtà,
tutte diverse, con grande capacità di cogliere lo sliding doors delle
vite dei suoi personaggi.
Profondo e psicologicamente impeccabile è
Il clochard, vicenda legata ad un incidente che divide per sempre il
«prima» e il «dopo» del protagonista. Il cannocchiale rimane l’unico legame col
mondo di provenienza, un modo per guardare le stelle e forse anche più lontano,
in cerca di chi non c’è più.
Personaggi “chiusi nel mutismo della loro
intimità” che si aggrappano come possono alle pareti di un’esistenza sempre
difficile e frettolosa.
La Genovese sottolinea lo squallore della
distanza, dell’abbandono, del disinteresse e sogna sotto sotto di proporre una
“La posta delle stelle” anche al lettore. La realtà, però, è assai più cruda, è
quella di una bambina che crede sempre a sua madre, di un mondo popolato da
migliaia di formiche, del sonno interiore che può spegnere chiunque. Il suo
libro fa riflettere ed è una lettura adatta a tutti coloro che preferiscono
ancora sfogliare le pagine di carta piuttosto che allearsi con gli stereotipi
imposti dai media.
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Recensione |
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