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L’autore si nasconde nel particolare
Ho detto spontaneamente che in queste «affermazioni» sei «esplicita»: ma tutta la tua ricognizione critica è esplicita, in quanto concreta, vivente, motivata da una enorme e, direi, sofferta, macerata, conoscenza testuale; e attenta alle motivazioni, alle «attese» della «lettura», o, più propriamente, del «lettore» come «attore» coinvolto nei significati del testo; come sei attenta al «lettore», da un lato, così sei attenta ai rapporti concreti tra soggetto esistenziale e soggetto autoriale, tra personaggio e autore. L’istanza motivante della tua critica, così «innocentemente» innovativa, è costituita da questa auroralità di attenzione all’iter testuale, dall’autore al lettore: sembra che il sottinteso della tua lettura, la domanda che la motiva, sia la convinzione che l’arte è un fenomeno della vita vissuta: privilegia dunque i fattori emozionali -inconsci-intuitivi sui fattori concettuali, ideologici, astratti: però, il tuo «contenutismo» è un rilievo delle dinamiche reali del senso, nella correlazione autore-testo-lettore: il senso artistico, per rivelarsi, ha bisogno di mantenere un retroterra di «segreto» di non codificabile, di non «spiegabile». Queste tue istanze di «concretezza contenutistica» – relativa al farsi del senso artistico, quindi non «contenuto» come codificazione interna al testo, ma come movimento complessivo del divenire, del compiersi del senso – unificano teoria e prassi nell’esperienza interiore della lettura, in quanto l’esperienza interiore della lettura si pone come corrispettivo attuale, presente, dell’esperienza interiore del farsi del testo, in tutte le vicende dinamico-correlative che lo configurano: ciò, ad esempio, ti permette individuazioni del tutto convincenti come l’affinità Montale-Svevo, «ricavata» dalla concretezza dei tratti caratteriali, e delle concomitanze testuali – che le codificazioni «istituzionali» non consentono –; oppure come il nucleo etico dell’«estetismo» dannunziano, individuazione che per me è stata una convincente rivelazione (del tipo:…è proprio vero, non ci ero mai arrivato!). Sullla stessa lunghezza d’onda, di riscoperta concreta e vivente, si pongono i tuoi rilievi sui nessi tra «vero storico»-«vero poetico»-«vero morale», in Manzoni; oppure quelli sul mondo immobile di Verga, e sul retroterra reale dell’instabilità e della relatività;oppure, in Pascoli, si pone il rilievo della «singolare combinazione di costanti e variabili da cui nasce l’interessante individuazione della parole»(p.67); e giungi, per questa via, a «ricollegare» «decadentismo» (D’Annunzio) ed «ermetismo» (Montale e Ungaretti) nelle parole di Montale, dove «poema-oggetto» ed «esperienza interiore» si identificano (pp.85-86): infatti, la poesia è una modalità, non comune, se vogliamo, di esperienza interiore, come la lettura, d’altro canto… Questa tua ricognizione pragmatico-tensiva – direi – percorre anche questo libro, esemplare e «unico», come gli altri: lo percorre dall’individuazione del nesso «latenza»-«trasfigurazione», in Dante; alla veridicità convincente della «diretta responsabilità di Zeno nella morte del cognato Guido» (p.101), aspetto testuale da te ripetutamente messo in rilievo, senza «risposte» «istituzionali» ( e questa è una delle «prove» della tua innovatività interpretativa): aspetto testuale non relegato al «contenuto», ma partecipe di una dinamica espressiva del «contenuto», in quanto è verissimo che solo questo rilievo dell’indiretto assassinio, spiega «la tenebra che esso proietta sull’intera storia di Zeno» («tenebra» che, altrimenti non si «vedrebbe»…, non si vede, sopraffatta dall’apparente «umorismo» ).E che ti permette di «collegare» L’infinito a La ginestra all’insegna della «complementarità» tra «sogno» e «intelletto» (pertinentissimo, mi pare, il passo dello Zibaldone del 12 agosto 1823, come «spiegazione» de L’infinito). Naturalmente, cara Noemi, questo «dialogo» si estenderebbe, solo se volessi toccare puntualmente diversi altri passaggi del tuo libro che mi hanno trovato consentaneo, che mi sono sembrati «rivelativi»: consentaneità e rivelazione sono momenti della comprensione, dell’incontro che si realizza attraverso la dimensione dei testi. Di nuovo, un saluto affettuoso a te e a Emerico... A presto, spero, Paolo |
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