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Liceali – L’insegnante va a scuola

Come apprendiamo dal primo risvolto di copertina, Francesca Luzzio è nata a Montemaggiore Belsito, ma vive a Palermo , dove ha insegnato italiano e latino nei licei. Oltre a diverse opere di saggistica e di critica letteraria , ha pubblicato numerosi libri di poesia, fra i quali Cielo grigio, Ripercussioni esistenziali, Poesie come dialoghi e Liceali, oggetto della nostra attenzione. Aggiungiamo che numerosi e prestigiosi riconosci mentile sono stati attribuiti, sia sul versante della critica letteraria che della poesia, Il sottotitolo dell’opera, ”L’insegnante va a scuola” è illuminante e significativo, poiché prefigura l’equilibrio nel rapporto fra docente e discente , che tende ad annullare la differenza e la distanza, non soltanto sul piano umano. Specifichiamo, però, che no si tratta, come l’opera dimostra, di annullamento o capovolgimento di ruoli: il rispetto e l’autorità dell’insegnante sono , comunque salvi.. Emerge, sic et simpliciter, la condivisione del percorso culturale e, appunto, umano fra docenti e discenti o fra generazioni, sovente prossime. Indica, inoltre, una sorta di fenomeno osmotico e bi-univocamente empatico, a indicare una sorta di filtro e di legame, che li rende interdipendenti.

Emerge anche, la coscienza dell’insegnante di ricoprire un doppio ruolo:di colei che insegna e di colei che apprende, non soltanto il sapere dei discenti, ma, soprattutto la vita, nella sua dimensione complessa e, talvolta, imprevedibile. La disattenzione degli adulti, o genitori o insegnanti nei confronti dei giovani, o studenti o figli, è senza dubbio causa di malesseri, di disturbi di distorsione della personalità di questi ultimi e, quasi sempre, genera insuccessi nell’ambito scolastico e disadattamento o traviamento sul piano sociale.

La stessa disattenzione ha come effetto la difficoltà di un controllo intelligente, che garantisca, insieme con la capacità di offrire amore, lo sviluppo equilibrato del giovane. Sovente, dietro atteggiamenti di ribellismo, di rifiuto del dialogo e, appunto di svogliatezza e disinteresse, appaiono disagi familiari, divisioni insanabili, violenze dei quali i giovani sono vittime innocenti. Gli insegnanti illuminati, come quelli protagonisti, sia dei racconti che delle liriche che concludono l’opera, vanno oltre lo stesso compito dell’insegnamento. Cercano di comprendere le cause, che generano malesseri e insuccessi, vanno oltre le apparenze e, se l’osservatorio è la scuola l’umanità osservata è quella degli studenti, essi sanno bene che la stessa scuola non può essere un territorio isolato e che tutto può essere spiegato e compreso all’interno della società.

Per tale motivo emergono anche i disagi e i drammi anche degli studenti che si segnalano per intelligenza e profitto, ma che non gioiscono e appaiono sovente “sofferenti”, poiché nulla può sostituirla vita, nulla può appagare il desiderio d’amore se non l’amore medesimo. Il primo racconto “Amore impossibile”, potrebbe apparire inverosimile, ma, invece, è quanto di più naturale può accadere, al di là del comportamento dei protagonisti: l’innamoramento dello studente per l’insegnante. E se l’amore offerto viene accettato, nulla di sorprendente: è ciò che spesso accade, per fortuna!

L’autrice rivela e rivelando denuncia i mali e le perversioni della società, che spesso insidiano e travolgono,cui si unisce la crisi di valori che genera noia, la quale è sovente causa di comportamenti anche aberranti. Emerge un mondo di malaffare, di traffici illeciti, di spaccio di droga, di sfruttamento, insieme con le disfunzioni endemiche del tessuto sociale e del territorio. Sia i racconti che le liriche, per quanto la poesia proceda anche per immagini, che presuppongono un trasferimento di senso, sono lo specchio fedele di ciò che accade e i protagonisti, er quanto la letteratura sia sovente finzione, come affermava Pessoa, non sono tipi o personaggi,ma persone vive e palpitanti,nati o visti dall’occhio, dalla mente e dal cuore dell’autrice, che ci convince per l’incisività e la leggerezza della scrittura, per l’equilibrio, che non concede enfasi e retorica, per il talento del vero narratore e per l’umanità che rifugge dalla vacua ostentazione.

Recensione
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