| |
Nel delta della vita
Nel delta della vita, un titolo originale che ci catapulta
immediatamente nel cuore della raccolta poetica e ci induce a riflettere su
alcune tematiche e circostanze. Raffaele Piazza, attraverso i suoi versi, ci
prende per mano e ci conduce attraverso un metaforico viaggio: il viaggio della
vita, fatto di fisicità, materia, sensi, ma anche di sentimenti, sogni,
rimpianti; è il viaggio di un’anima inquieta, alla ricerca di senso nel caotico
mare della vita.
La
silloge, dotata della pregevole prefazione del critico letterario Enzo Concardi,
si dipana attraverso varie tematiche, che percorrono il cammino della vita, con
i suoi dolori, le sue contraddizioni, i desideri realizzati e quelli inespressi,
i sogni infranti, le fughe verso un ideale. Emblematiche, dei contrasti presenti
nella silloge, sono due figure femminili, Mirta e Selene, presenze fondamentali
nella vita del poeta: la prima sceglie la morte, la seconda la vita; Mirta,
“Amica Vera” (n. 16) “Amicizia erotica la nostra” (n.17), sempre presente nei
ricordi del poeta, non regge il peso della vita e soccombe; Selene, al
contrario, “…e tu, Selene, dal bel seno vivida immagine nell’immane pioggia e
pozzo di novembre…” ( n. 18) “Ti chiedo felicità, Selene,/ e tu farfalla
rosa di sorriso/ mi restituisci e tutto resta pari a sé./ Si diradano le ombre
/e il fare leggero dei tuoi scalza passi per la casa/ e in prossimità del lago
della pace /che nonostante tutto esiste”(n. 23), rappresenta la donna vera,
che regala al poeta momenti di gioia e felicità e rappresenta l’amore vero, di
carne e spirito.
Le due donne simboleggiano il filo sottile che unisce vita e morte, elementi che
nella vita e nella poesia coesistono.
Nella poesia numero 2 l’autore afferma che la vita è un viaggio avventuroso:
“ Avventura e viaggio è questa vita/ che non è esistere nuotando /e studio
alla scuola dei tuoi occhi/ e tu mi chiedi la parola/ e io dico Amore visto
/dalla camera dell’anima,/ luce dello sguardo delle lunghissime/ tue ciglia se
sfioro/ materia elementare il selciato/ polito della strada dove mi porti/
guidando come una donna/ e il gioco è fatto/ e vengono i morti (anche Mirta) e
gli angeli.” nel quale vita e morte si sovrappongono . In diverse poesie
l’autore menziona “il delta”, quasi a simboleggiare come il cammino della vita,
che fluisce come un fiume, ci porta, talvolta, a situazioni che prendono
direzioni e versi differenti, strade parallele, che decretano un futuro
inaspettato. L’opera, dedicata a una cara amica, Mirta, che nel corso della
lettura scopriamo si è tolta la vita, è costituita da 50 poesie, semplicemente
numerate; è tutta pervasa da ambiguità, forti contrasti con parole come:
luce-oscurità, vita-morte, pesantezza-leggerezza, bellezza-bruttezza,
oriente-occidente; ad ogni cosa, infatti, corrisponde il suo esatto opposto,
solo cosi si ha unità, un tutt’uno, concetto filosofico antico che si riflette
in ogni aspetto della natura: giorno-notte, gioia-dolore. Mirta ha probabilmente
infranto le regole della vita “… attenzione a non infrangere/ della vita le
regole/ la prima quella dell’amore/ secondo natura e in altri modi/ se ai posti
di partenza il delta/ duale il bene e il male/ e la luna del libero arbitrio
avviene…” (Prologo) e diventa l’emblema di come la vita possa essere
imprevedibile, inspiegabile, e come possa condurre, a volte, su sentieri dai
quali non si può tornare indietro (il delta) e una scelta può diventare
imperdonabile, a tal punto da far soccombere. Il poeta inizia la sua silloge con
un prologo, quasi a volerci suggerire che ci si accinge a leggere un’opera
teatrale: la rappresentazione della vita, che è finzione, un palcoscenico dove
ognuno recita la propria parte. Attraverso il prologo, come nelle opere
teatrali, l’autore ci introduce i vari argomenti dell’opera: Tempus fugit, il
tempo che non torna indietro, poiché tutto fluisce, Panta rei; le cose belle e
le cose brutte della vita; il tema della natura “…Cammino nell’erba verde
fusione con la natura scalzo…”, di cui l’autore è parte integrante, e poi la
funzione del poeta, uomo con le tasche piene di sogni “…e poi con altri fare
il poeta/ con le tasche piene di sogni,/ uscito allo scoperto dalla selva per il
gemmante varco/ Il bello e il brutto tempo/ domino dove ero già stato…”, in
grado di dominare gli eventi della vita e uscirne vittorioso.
L’autore usa sempre un linguaggio semplice, quello della quotidianità, ma le
parole sono pregne di simbologia, una simbologia spesso oscura, che non fa
comprendere fino in fondo quello che l’autore ci vuole comunicare, forse questo
è il suo scopo: confonderci, offrirci spunti, frammenti, e visioni, per farci
riflettere e percepire il caos interiore dell’animo umano e della modernità dei
tempi a cui solo la natura, con la sua bellezza e armonia, può donare ordine, “All’ombra
del cipresso e del destino si apre la speranza…” ( n. 15), in quanto
riflesso di DIO. “Tutto viene a chi sa aspettare/ e il segreto è non avere
paura/ (spalancare le porte a Gesù)” ( n. 38).
| |
![](/img/ur.gif) |
Recensione |
|