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Maria Luisa Toffanin un ponte di poesia tra l’Etna e il Polesine
È di qualche giorno fa la bella
notizia inviatami da una poetessa che ho già commentato su questa rubrica che,
con questo riconoscimento, merita un bis. È Maria Luisa Daniele Toffanin,
padovana ma di origini polesane, che ha vinto il primo premio assoluto “Poesia,
prosa, ed arti figurative” per la silloge inedita “Dal fuoco etneo alle acque polesane”. Dell’autrice ci sarebbe molto da scrivere per la produzione ricca,
variegata, originale e colta che ne delinea lo stile, la tematica e l’efficacia
espressiva. Ha vinto innumerevoli premi ed ha collaborato con autori
contemporanei di grosso spessore come: Andrea Zanzotto, Mario Richter, Luciano
Nanni. Stupende le composizioni di questa silloge che scavano nella storia e nel
paesaggio italico con passione e forza presentando uno speciale parallelismo tra
il fuoco etneo e la liquida lentezza delle acque padane. Tra esse ho scelto:
Sogno di foce
Macchia ampia verde silente
pineta
di storia stretta in intrico
d’arbusti
aperta in respiri d’acqua.
Acqua di fiume densa lenta
nel sogno della foce
con azzurri spruzzi più chiari
più arditi
quasi soffiare salmastro
di cavalli selvaggi
in galoppo dal prato di sale su
su nell’alveo d’Adige.
Macchia alfine rada rara
e
intenso stupore
un quadrato verdastro
orlato crespato da candida
schiuma
incanto marino improvviso
all’occhio dilatato fino al cielo
promessa d’illimitati spazi e
presagi d’Eterno.
Bellezza che incanta
In colori segreti suoni
di fiume terra mare
Insieme in intimo colloquio
infinito.
Misura dell’umano nostro limite.
È stata scritta a Rosapineta
questa poesia che ci conduce ad assaporare tutta la dolce bellezza del
territorio che conduce al nostro mare. È l’acqua a dominare la scena che
l’autrice ci offre, anzi ci porge, con la delicata grazia con cui si presenta un
dono. Il suo è un fluire lento e carezzevole che diviene spruzzo e si impregna
di salmastro verso il mare che però non si concede immediato al nostro occhio ma
sembra spiare il nostro arrivo per divenire incanto improvviso, capace di
giungere fino al cielo, promettendoci la visione dell’Eterno. È la Bellezza che
unisce, in un colloquio dal tono amoroso, la terra e il mare. Amplesso che le
maree evocano nel loro rituale ed ininterrotto andare e venire. All’uomo resta,
ahimè, il limite oltre il quale egli può chinare umilmente il capo per
continuare nel cammino sul mondo.
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