|
Voci tra le pieghe dei passiUn originale lavoro, una sorta di dramma teatrale in versi e in prosa, a più voci – come ci avverte da subito Paolo Ruffilli – è l’opera composta di tre Tempi Voci tra le pieghe dei passi di Laura Pierdicchi. L’Autrice stessa definisce questo suo lavoro “un percorso esistenziale entro atmosfere temporali e sociali diverse”. Ella inizia col raccontare della sua infanzia, della sua casa e della sua famiglia che viveva a Venezia, nella semplicità, quasi nella povertà, e senza esigenze; di sua madre, preoccupata per il figlio in guerra – guerra che, dal duro regime politico ha portato libertà ma anche maggiore responsabilità. E prosegue parlando di sé, di cui riporto alcuni stralci, presi qua e là piuttosto liberamente – senza rispettare i ruoli delle varie e differenti “voci” – ma significativi dei vari passaggi di quanto l’Autrice ci vuole confidare.
“Nessuno può riempire lo spazio del tempo perduto. Nessuno.”. “La peggiore morte | è quella che sposa il vivo || … che agli altri sorride | e dentro | non si contano le croci”. Nello sconforto, dice: “affoghiamo | gli unici momenti | che potrebbero salvarci.” Difficile trovare un appiglio per vivere: perciò ci si affida a Dio. A volte le sale la nostalgia della casa della sua infanzia: chissà chi la starà abitando… ormai non ce l’ha più … è divenuta una “casa di polvere”. La Poetessa aggiunge anche alcune considerazioni sull’immigrazione, sulla corruzione dilagante, sul consumismo e la fame del mondo, sull’ingiustizia di ricchi e poveri. Per apprezzare l’originalità, la bellezza, la profondità e l’importanza dell’opera, bisogna leggerla. |
|
|