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Voci tra le pieghe dei passi

Un originale lavoro, una sorta di dramma teatrale in versi e in prosa, a più voci – come ci avverte da subito Paolo Ruffilli – è l’opera composta di tre Tempi Voci tra le pieghe dei passi di Laura Pierdicchi.

L’Autrice stessa definisce questo suo lavoro “un percorso esistenziale entro atmosfere temporali e sociali diverse”.

Ella inizia col raccontare della sua infanzia, della sua casa e della sua famiglia che viveva a Venezia, nella semplicità, quasi nella povertà, e senza esigenze; di sua madre, preoccupata per il figlio in guerra – guerra che, dal duro regime politico ha portato libertà ma anche maggiore responsabilità.

E prosegue parlando di sé, di cui riporto alcuni stralci, presi qua e là piuttosto liberamente – senza rispettare i ruoli delle varie e differenti “voci” – ma significativi dei vari passaggi di quanto l’Autrice ci vuole confidare.

Dopo gli animati giochi estivi di ragazzina, ella giunge alla pubertà e dice “Ho assaporato il caldo tepore | dell’amoroso inganno”. In questo periodo la sua famiglia emigra da Venezia: per lei è un “esodo”, un’ “assenza (che) comprime: ora – dice – un “vuoto è da riempire”. E così conosce l’amore: “Sposo la terra al corpo | la mente al cielo | l’anima al mare…||… Dovrei sposare la rinuncia | per creare arcobaleni… || la tentazione… || attrazione ipnotica… || l’emozione tocca il cielo e sprofonda nell’abisso…” E prosegue: “non volevo… Io troppo debole… Sono sola… Ti penso… Vorrei trovarti… Tu “il solo significato | del mio continuo girovagare”. Tu, indifferente, nella finzione. E’ stato un equivoco. “Quando termina l’unione, il lutto distrugge ogni pensiero: è la prima morte. || Per sopravvivere, si impara a fingere con la coscienza…” Sigillata la porta, poi si spera in altri amori o inganni. “Il tempo però è ormai passato.” “ Il vuoto avanza”.

“Nessuno può riempire lo spazio del tempo perduto. Nessuno.”.

“La peggiore morte | è quella che sposa il vivo || … che agli altri sorride | e dentro | non si contano le croci”. Nello sconforto, dice: “affoghiamo | gli unici momenti | che potrebbero salvarci.”

Difficile trovare un appiglio per vivere: perciò ci si affida a Dio.

A volte le sale la nostalgia della casa della sua infanzia: chissà chi la starà abitando… ormai non ce l’ha più … è divenuta una “casa di polvere”.

La Poetessa aggiunge anche alcune considerazioni sull’immigrazione, sulla corruzione dilagante, sul consumismo e la fame del mondo, sull’ingiustizia di ricchi e poveri.

Per apprezzare l’originalità, la bellezza, la profondità e l’importanza dell’opera, bisogna leggerla.

Recensione
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