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L'attesa perlata di stelle e rugiada
Ha le
sapienti cadenze del “Poema paradisiaco” dannunziano – rivisitate tuttavia da
puntuali e ineludibili consonanze post-moderne – l'ultima silloge poetica di
Maria Luisa Daniele Toffanin, permeata di una sensiblerie raffinata che attinge
alla migliore tradizione novecentesca giocata su introspezione e attesa.
Un'attesa che dà il titolo alla plaquette – L'attesa perlata di stelle e
rugiada, appunto – anche perché
l'intera raccolta è un canto d'aspettazione, trepida ed esultante, dinanzi
all'eterno mistero della vita.
Ma il paradiso della Toffanin di quello
dannunziano, pagano e immanentista, ha ben poco, salvo i ritmi che scandiscono,
con esperta musicalità, l'abbraccio di una natura che ama e che è riamata in un
mutuo flusso generatore di profonde e consapevoli trascendenze. Una natura che
qui s'incarna nel canto d'una nuova esistenza - un bambino che alla poetessa è
intimamente legato da vincoli di sangue, un nipotino che rende il suo cuore “più
giovane” negli abbandoni e le tenerezze che segnano l'irripetibile esperienza
d'una nonna. Antichi giardini e annunci floreali fanno da cornice all'ingresso
del nuovo nato, celebrato dai suoi cari in un tripudio di stelle e lune e angeli
al quale partecipa, nella sua più intima essenza, il Creato stesso. Ed è un
“beato stato di grazia” a fare da contrappunto all'attesa “perlata di rugiada”
che precede l'evento, un sentimento che non ha nulla di umano costituendo,
piuttosto, un ideale fil-rouge ancorato all'Eterno.
Donde si disvela, in tutta
la sua dirompente e gioiosa energia, la profonda religiosità della Toffanin che,
nel suo effondersi, include senza riserve ogni singolo frammento cosmico. Una
religiosità grazie alle quali vibrazioni incessantemente percepite dalle fibre
dell'anima “dal sonante rumore delle ore / discreta nel vento / ci parla la Voce
/ del dono-bene posseduto”. E a chi scrive piace infine menzionare che dai dolci
rilievi euganei il canto terso della Toffanin è giunto fino alla Sicilia, isola
alla quale sappiamo ella essere particolarmente legata e dove, nell'estate
scorsa, proprio per questa silloge è stata fra i tre finalisti dell’ottava
edizione del Premio “Angelo Musco” disputato a Milo, nel verde ombroso delle
pendici dell'Etna.
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Recensione |
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