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Laura Pierdicchi è sempre stata parca nella sua produzione poetica. Ha distillato i versi a gocce, ma che gocce. L'essenzialità del suo scrivere ha la forza di una lama che penetra profonda e fa scaturire emozioni in chi legge.

Non si lancia in voli pindarici, non cesella, ma ci offre mazzetti di parole che valgono interi discorsi. La sua è poesia dell'attuale e del quotidiano; non c'è posto per atmosfere incantate o albe e tramonti dai colori magici; qui fanno da padroni le sensazioni e i pensieri di una donna che vive intensamente le cose di ogni giorno e riesce a coglierne il valore.

Ci sarebbe ben poco di poetico nella pentola che bolle sul fuoco o nell'osservare la propria immagine riflessa al di là del finestrino dell'autobus. Ci sarebbe ben poco da cantare! Ma Laura è poeta vero e dalla ripetitività dei giorni, dall'abitudinario, riesce a cavar fuori gemme e a coinvolgerci. Così ci troviamo al suo fianco mentre osserviamo le cose "normali" del suo mondo e ci accorgiamo che sono le stesse cose "normali" del nostro.

Ci pare di conoscerli e li amiamo gli oggetti della sua casa, oggetti che spolvera e lucida con amore: "...penso che quando finirà | essi resteranno qui – immobili | e tutto sarà come prima | mancherà | solo il mio riflesso nello specchio". Con questa delicatezza e pudore parla dell'uomo che ama: "non ho mai scritto di te | perché sei quotidiano – | e tutto e sottinteso | ... è tutto comune – scontato | ... solo se penso | ... che potresti non essere | mi rendo conto del tutto che sei...". C'è qualche breve flash sull'infanzia: "andavamo... sottobraccio | per le calli a giocare alle signore | ... | con il sole al centro – fisso nel cuore | in esplosione di vera letizia". Nei versi di Laura c'è una saggezza che ricorda certa poesia indiana: "...inutile cercare una vela – | conviene aspettare l'arrivo | di una leggera brezza".

Nel corso degli anni la Pierdicchi ha conservato, affinandolo, un proprio personale modo di scrivere, in una armonia di temi e modi che la rendono subito riconoscibile. Cosa non da poco in questi tempi nei quali molti, o troppi, si improvvisano poeti magari piluccando versi scritti da altri o elaborandoli al computer.

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