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Chiudere il libro di Laura Pierdicchi e provare un sentimento di profonda
tristezza e partecipazione è forse dir poco. La perdita del padre lascia sempre
in chiunque un vuoto incolmabile, tanto da togliere a volte il desiderio di
continuare a vivere.
E' ciò che raccontano i versi sofferti dell'autrice di
Bianca era la stanza, bianca perché tutto, non solo la stanza, è il colore
che avvolge il protagonista: le pareti, il camice del medico, le lenzuola del
letto sul quale riposa il malato. Il dramma, all'inizio, è soprattutto nel cuore
di Laura, la figlia, che da sola si porta dentro tutto il peso di un tremendo
segreto, poiché è l'unica a sapere che il padre non vivrà a lungo: `padre e
bianco era l'uomo | che ti fece il dono d' uscire - | a me disse soltanto |
"starà peggio mi dispiace ". Il libro si articola in tre parti ed un
epilogo. Oltre ai versi "narranti" ci sono piccole filastrocche, e dei corsivi,
che sono delle preghiere-dialogo con il padre. Ma la tragedia si consuma e la
famiglia nonostante tutto rimane ancora "unica", anche se: "... un anello
della catena – uno -- il più prezioso che chiudeva il cerchio | dell'amore --
si è staccato per sempre. " Versi struggenti, amari, ma che alla fine
trovano il senso della continuità: "e voglio dirti che vivere è morire morire
è vivere | perché tutto ha la stessa matrice".
E' il concetto della continua mutazione
dell'universo. Un atto d'amore quello di Laura Pierdicchi, che nasce dal cuore,
profondamente sentito e condiviso, descritto in versi inusitati, privi di pause
e punteggiature, in forma quasi dialogante. Un amore anche per la poesia.
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Recensione |
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