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Dal deserto

                                                Maledetto sia il tempo dell’attesa
                                    se in te mi contraggo rattrappita
                        acqua ghiaccia d’agra laguna
                e non fluisco né piovono cielo, gli occhi,
                                    se in tante fenditure d’anima
                        null’altro accade, ma il silenzio del vuoto
                e dei sensi il fuoco brucia se stesso
                            nell’urna del corpo tempio disfatto e incavato
                per volto d’informe, non più fiore
    in traccia di sanguigna su carta di neve,
né vento tra arazzi di ciglia

Benedetto sia il tempo dell’attesa
        se in te sono anima ascendente
                  conchiglia madre d’orizzonti trasparenti
                            falda d’acqua paziente tra roccia e roccia
E quindi fiume da mare tra monte e monte
        mi risalgo fino all’acuta sorgente di turchese e smeraldo
                sui tuoi occhi affacciato presagio
                            di mani a rete, filtri di sole per il bianco d’un giglio -
in bocca ci sboccia e nei corpi, già
                    amplesso fra radici (dal volto antico) in stanze d’arie
                                squillanti la pelle sudata d’amore

Non più di un lume mite e da smorzare
        accende il buio ed il silenzio (a fuoco sacro come acqua)
                    e l’immortalità di un bacio tra imperfetti
                                figlia generazioni d’uomo a grappoli di nei
                                (dal cielo caduti come astri)
                                sul nostro corpo di tenda e stele nel deserto

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