Per la vivavita di un poeta
Anonimo contadino (battezzato-pellegrino)
– lo sguardo d’argento – nevica semi
(tek sull’ocra) alla terra fianco aperto – protesa
attesa
forte l’anima dei piedi cammina erto il pendio
e –
verticali creature scendono promesse
di bianco mirto e sorgo rosso a vette.
L’ulivo intaglia cieli a fiamme fra rami e radici
per voce di pneuma primordiale: fonda la
pelle, tamburo da terra percosso – suono
la pianta del piede – timbro del passo –
valico il verso.
Di lassù (ma che sia torre!) gettatemi
ai roveri – agli scogli –
alla più dura pietra
(la sostanza conosco e so – l’essenza)
Non un osso spezzato – nube di marmo
la parola dalla statua libera si leva.
Cede il monumento – la leggenda: polvere,
ciottoli. S’incarna la parola nella fronte
china – ai piedi del foglio smisurato,
senza limiti né frontiere in terra,
randagio il segno-sogno: la mano del poeta
(invisibile sorregge la nube di pietra),
i due solchi in fronte – né binari né pianto d’occhi!
Anima attende d’anima il trasudare
proprio sangue vivo: della vita –
il sopra-vivere
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