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Carratoni

Velio (Latina 1942), giornalista e collaboratore di vari quotidiani e riviste, vive a Roma. Dopo aver frequentato la facoltà di Giurisprudenza, si è laureato in Lettere moderne con Mario Costanzo Beccaria, con una tesi sulla "Critica letteraria e la terza pagina negli anni Trenta". Ha svolto l'attività di docente. Nel 1971 ha fondato Fermenti, periodico a carattere culturale, informativo, attualità e costume, che con l'omonima casa editrice tuttora dirige. Ha pubblicato diverse opere letterarie: Mara (1971, entrato nella rosa dei finalisti al Premio Viareggio), Da Gluck alla nuova musica (1972), Canti famisti (1981), Un mondo di carne (1981), Bolgia e cinguettio (1990), Omaggio a Piazzolla (1993), Vendette d'amore (1996), Le grazie brune (2003, romanzo con prefazione di Dario Bellezza, postfazione di Donato Di Stasi e intervento di Mario Lunetta), Il sorriso funesto (2003, aforismi) e Hai usato il suo corpo (2009, romanzo). È presente con alcuni racconti nell'antologia Partitura per voci narranti (2000) e nell'antologia curata da Vittoriano Esposito L'altro novecento (2000). Attualmente è presidente della "Fondazione culturale Marino Piazzolla" con sede a Roma dal 1985.

Della sua attività letteraria si sono occupati vari critici, tra i quali: sull'opera Mara: E. Patti «L’autore espone i fatti, lasciando al lettore il compito di giudicare: e il giudizio che ne viene fuori è desolante, ma il quadro è vero…»; M. Piazzolla «…venalità, bramosia, ingordigia e sfaldamento morale si alternano in una sequela nauseante di dialoghi disumani»; C. Di Biase «L’insoddisfazione, la sazietà, la noia del vivere senza scopi, che non siano quelli dell’utile proprio, sotto le specie più banali (ma sempre umane), esemplate nelle vari industrie del sesso, per acconciarsi al moderno consumismo e salvarsi dalla miseria esterna, giacché di quella interiore siamo un po’ tutti convinti: sono queste le impressioni prime ed in fondo, le linee tematiche e stilistiche del libro…»; E. Cavalli «…una galleria di protagonisti…ottusi, ipocriti, visti e fotografati, cioè, nel limbo dello scadimento vitale e dell’alienazione, alla deriva dell’autocoscienza. Da qui, forse lo stile…incupito che esteriorizza caparbiamente il discorso interiore, e la degradazione verso l’aperta confessione»; L. Rèpaci «In Mara ho trovato pagine di un mio emulo, di una certa carica e significative»; G. Bárberi Squarotti «Mara un’opera di singolare forza e originalità narrativa…Il romanzo mi è sembrato uno dei più vivi ed autentici di questi avarissimi anni (anche nel taglio così nuovo e inquieto)…»; A. Lotierzo «…C. si inserisce nella tipologia degli scrittori il cui compito è stato di realizzare la degradazione del personaggio, per cui il suo realismo è denuncia aperta, scarnificazione del quotidiano. La sua ironia è nella capacità di controllare le emozioni dei personaggi, di descriverci i tratti nervosamente, con un procedere a tasselli e tessere aggiuntive…»; sull'opera Da Gluck alla nuova musica: S. Caramitti «…ottimo il capitolo su Debussy…interessante l’accostamento Debussy - De Falla…La frase di Busoni “gli artisti esistono per gli artisti è purtroppo vera per la musica, merce di consumo per un’ aristocrazia del gusto…”»; sull'opera Canti famisti: F. Verdi «… l’occhio di C. è preciso…»; D. Maffia «Una volta affermai che la poesia era tutta e sempre erotismo. Adesso affermo, dopo le proposte Raya-Carratoni, che la poesia è tutta e sempre famista…»; P. Licciardello «…alle asciutte negazioni del famismo laico, fa…contrasto il famismo mistico…tutti i componimenti…respirano la stessa aura…”; sull'opera Un mondo di carne: F. Ulivi «Vi ho trovato un’amarezza vera e ossessiva, che mi pare tramata con efficacia nella ridda delle figure in scena»; A. Ghirelli «Mi hanno colpito la cruda verità e il vigore davvero inusitato della scrittura»; G. Bárberi Squarotti «Il suo dramma, acuto disinibito, sapientissimo…»; F. Verdi «Le persone sembrano disumane, l’uomo non par vivo, dipinto sull’ immota parete della necessità. Ma la sua totalità necessaria, la sua “completa rinuncia al trascendentalismo…è stata esplorata nei minimi percorsi»; E. Pecora «…Il sesso non è fine, ma è mezzo. La girandola non ha termine…la situazione è esemplare, emblematica…tutto accade prima e dopo l’amore. Ma l’amore, inteso come momento di pienezza, come unione pacificante, è assente»; A. Patti «...si ha l’impressione che l’autore ingolfi i personaggi di difetti per rendere la materia più disgustosa in modo da affermare, riguardo agli uomini e alla istituzioni: solamente la carne prevale in essi: una carne sia pure messa da parte, ma sempre in evidenza. Questo avviene perché il mondo è di carne compresa la società»; sull'opera Bolgia e cinguettio: D. Cara «Così, per tenui o irsute nausee, gli slittamenti di questa poesia beffarda, ineluttabile oggi, definiscono – nella sintattica smorfia – la fine dei sogni possibili…è l’operazione che C. costruisce terrosa e così disincantata, su versione minimalistica, prima che tutto sia organizzato dai pericolosissimi e vispi sorci in agguato; e – prima di noi – non può che accorgersi di questo impaurito e (profetico) poeta, compresente nella crudezza dell’oggettiva totalità e della follia…»; V.S. Gaudio «La poesia di C. è descrittiva perché si fa tra le dimensioni di un puro evento narrativo: così, il suo reale potrebbe essere fatale perchè il soggetto desiderante è decapitato, ma è anche un reale che consuma l’esserci, che è l’esserci del poeta che interroga e pulsa o che si dissolve in un reale senza anima…»; A. Spagnuolo «Non esiste una contemplazione passiva, una stanchezza sospesa alle soluzioni del vissuto…in riferimenti diversi ogni componimento ha una sua iterazione, un suo cerchio carico di piani sovrapposti entro cui la ricerca può anche apparire un approdo»; L. Zinna «…Un libro senza cerimonie. Al peperoncino. E vi si banalizza la mercificazione del sesso… Bolgia e cinguettio, certo ma anche dalla bolgia al cinguettio»; T. Zaninetti «C. propone la sua suggestiva e suadente poesia, dai toni ricchi e variegati…le trasgressioni…sociolinguistiche costituiscono…un connotante discorso che, oltre ad essere originale…diviene…aggressione e presa di coscienza della realtà…»; R. Berti Sabbieti «…C. per assurdo può rimpiangere…il sogno che è contemporaneamente morto e rimpianto…»; G. Bárberi Squarotti «…il libro perfettamente esprime la sua figura di poeta aspro, duro, acremente polemico, capace di rilevare con straordinaria forza il marcio del mondo. I personaggi che vengono fuori dai suoi versi sono non facilmente dimenticabili»; F. Ulivi «Bolgia e cinguettio è un testo arso e doloroso di un pathos che non si dimentica»; sull'opera Vendette d'amore: M. G. Lenisa «…Il cinismo di C. è necessario, impavido, aiuta a superare il complesso fenomeno delle reazioni nell’anelito alle tensioni, quindi non muore nei corpi…»; D. Bellezza «Gli aforismi di C. intorno all’amore, in un difficilissimo equilibrio tra leggerezza e gravità, tra fievolezza e consistenza, si alzano e si stabilizzano a mezz’aria, in una festa di parole e di significati, di rimandi colti e sapienziali ma anche semplicemente di echi vitali e ritmici…»; S. Schimperna «…Da leggere per arrabbiarsi (con l’autore o contro l’autore)…non per divertirsi…»; S. Lanuzza «…è un’affascinante libro: come un’eresia catara…Interessante e tutto da sviluppare il gioco metamorfico intorno al mito dell'amore-passione»; C. Chiodo «…aforismi che si snodano agili ed efficaci, e non hanno nulla di oscuro o di ermetico: Sono verità ben marcate e scandite»; A. Veneziani «Con un po’ di cinismo e un po’ d’ironia e con un uso calibratissimo della parola, C. offre un vademecum dell’amore…»; sull'opera Il sorriso funesto: G. Bárberi Squarotti «Aforismi amorosi ed eretici…arguti, acuti ed esemplari»; D. Di Stasi «Il sorriso funesto non persegue effetti consolatori, non ricorre all’abusato captatio benevolentiae del divertissement fine a se stesso, al contrario apre la scena con un sipario di sgradevolezze e corrosività, intessendo la trama delle proprie riflessioni con un ghigno maldestro, che conduce il lettore a scoprire il lato oscuro e sconfitto della sfolgorante vita dei piaceri»; sull'opera Le grazie brune: A. Calzolari «Manio intellettuale dis-integrato in una società che non riconosce come sua diviene simbolo di una protesta rinunciataria, tanto più dolorosa quanto più vissuta a livello psico-esistenziale e assurge a rappresentante di una nuova forma di malattia sociale in una realtà nella quale alla presenza si sostituisce l’assenza al desiderio la voglia»; R. Paris «Il romanzo di C. somiglia molto ad una inchiesta sull’universo femminile odierno dove la ricerca dell’orgasmo o del famigerato punto G si tinge di grottesco…La lingua di Carratoni è lucida, provocatoria, moralistica, grida tutto il suo disgusto per un mondo inorganico»; M. Lunetta «Il romanzo di C.…viene a porsi con l’energia di un gesto letterario del rifiuto, di una rivolta totale carica di disgusto contro la rete di cementarmato degli innumerevoli format che incastolano e avviliscono ogni nostro atto, ogni nostro pensiero»; S. Cigliana «Una storia d’amore e di erotismo narrata da un io monomaniaco, ossessionato dal desiderio e occupato a dipanare le proprie giornate attorno ad un’unica attesa: un uomo assatanato ma spesso inconcludente, che distilla e complica la ricerca di sensazioni forti, invischiandosi in relazioni carnali, crude e al tempo stesso sfuggenti, elusive…»; R. Piazza «…il romanzo…ha per protagonista un ricco giornalista che mette al centro della sua vita l’esperienza erotica, sia fine a se stessa, sia vissuta come un esercizio di conoscenza, attraverso l’esplorazione delle corporeità femminili a tutto tondo…l’opera è cruda e sanguinante…una ricerca di un dongiovanni postmoderno che trova il senso nel piacere che è per lui, più che vizio, necessità al di là di ogni implicazione etica»; A. Contiliano «La ricerca di una verità…è l’altro punto…inequivocabile che qualifica la sostanza etica di questo romanzo…c’è una tensione e una ricerca…che si qualifica come volontà di decifrazione, nel rapporto segni, tracce, cose, discorsi e forme di vita»; A. Toni «C. ha scritto il romanzo “per ritrovare l’umanità nella carnalità, prendendo le distanze da questa società che, avvolta nel suo bozzolo di plastica, promuove solo la circolazione di individui artificiali, siliconati, ipercosmetizzati, salutisti al parossismo”. Niente di più attuale, se pensiamo alle immagini di una pubblicità che esalta il corpo feticcio, corpo in salute, corpo collettivo da salvare a tutti i costi»; L. Zinna «...romanzo…anticonvenzionale, urticante, giocato su una scrittura fluida e accattivante, non elucubrata, nemica dei luoghi comuni».

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